martedì 30 dicembre 2014

Il solito post di fine anno...2014

Pure te a scrivere il bilancio dell'anno.
Che palle, direte.
Tanto è una data come le altre ma il potere della suggestione della fine dell'anno è grande.
Così ti ritrovi a fare inevitabilmente i bilanci o, meglio, a farne ulteriori visto che non ti risparmi anche durante l'anno.

Affrontalo allora di petto.
2014 anno di merda?

Ti verrebbe subito di rispondere di sì per una serie di eventi negativi che ti hanno toccato come proiettili vacanti, vicinissimi.
Quel tanto che basta per tramortirti senza ferirti col sangue.
Esserne consapevolie senza esserne travolti.
Forse proprio per questo, pur nella loro drammaticità, riesci a vederli in maniera più lucida.
Moniti del Signore (per chi crede come me) o del caso (per gli altri), su come la vita sia un vortice di cose che di per sé possono voler dir tutto e niente, sta a noi dargli il senso che vogliamo in base a come ci colpiscono.
Rimanerne travolti, tramortiti, indifferenti o coscienti è una scelta che facciamo, molto più consapevole di quello che crediamo.

Va detto, in tutta onesta che anche queste parole rientrano nello stesso discorso.
Di per sé, non vogliono dire poi molto e sono pure abbastanza banali.

Quindi?

Se vale quanto detto sopra, quest'anno ci sono stati anche tanti bei momenti da portare con sé.

Spesso venuti casualmente, all'insegna dell'imperfezione e quindi stupefacenti.

Che siano cose come girare un cortometraggio, ritrovare cari amici e parenti lontani pieni di affetto, fare viaggi più lenti, festeggiare tappe importanti in famiglia, semplici serate con gli amici di sempre.
Alla fine sono veramente tanti questi momenti.

Sono momenti tuoi, stati interni, intimi.
A cui si è aggiunta la consapevolezza nel momento stesso in cui si vivono.
L'ingrediente essenziale.

E in quel preciso momento, nell'angolo delle stanza dove ti trovi, non importa in quale parte del mondo sei, c'è qualcuno che all'improvviso sorride.
Accorgendoti che quella persona sei tu.

Buon Anno a te












lunedì 29 dicembre 2014

Chi ha cuccato la Cuccarini?

Sì, sei snob.
Sei anche un po' cinico e sarcastico e commenti il mondo da quella certa distanza, da adulto vissuto e consapevole.
Poi però, per una serie di coincidenze, ieri ti sei trovato a fare la fila per farti una foto con la Cuccarini.
E non c'è niente da fare.
Quella maschera cade e torna quello sguardo.
Meno filtrato e più autentico.
Lei, semplicemente, saluta, fa le foto e augura buon anno.
In sostanza, niente di diverso da quello che farebbe un'altra persona.
Questo il dato oggettivo.
Poi cominci ad aggiungere che eri in compagnia di una sua fan di sempre.
Che era una figura del tuo immaginario di quando sei cresciuto.
Che nonostante il mondo dello spettacolo è rimasta sempre la stessa, di una cortesia e semplicità estrema.
Che ci teneva a darti l'augurio di buon anno guardandoti negli occhi.
Che prima consideravi troppo buonista ma col tempo l'hai rivalutata.

Non sai bene perché ne stai scrivendo.
I piani di coinvolgimento sono tanti e non tutti ben definiti.
E' capitato per caso, non ci stavi pensando.
Non rientrava assolutamente in nessuna necessità.
Ti ha fatto semplicemente piacere.
Di aver regalato un momento del genere ad una persona cara ed essertelo regalato anche a te.

Semplicemente un saluto, una foto, un bacio ed un augurio.

lunedì 17 novembre 2014

Senza parole

Ti capita spesso ultimamente di non sapere parlare.
Non è un problema di bocca legata o una forma di dislessia galoppante.
Quella c'è sempre e ci stai facendo il callo.
Capiti invece di non riuscire a dire qualcosa.
Una sorta di risposta in qualche modo censurata.
Per chi, come te, ama avere sempre una risposta, quasi alla ricerca della spiegazione, del senso trovato e svelato al mondo.
Adesso capita di non saper parlare, lasciar dire al proprio interlocutore quello che ha da dire.
Possono essere sciocchezze, lamentele, farneticazioni oppure emozioni, esperienze, sensazioni.
Tu lì a sentire.
A volte ad ascoltare.
Non vuol dire che un commento lo si abbia, un'opinione valida quanto discutibile.
Allora stai zitto.
Perché...
Non sapresti spiegartelo, rientrando nello stesso loop del non doversi spiegare nulla.
Forse sono troppe le emozioni dietro certe parole o discorsi da non riuscire ad essere espresse.
Dialoghi con due livelli di comunicazioni talmente distanti da essere potenziali vasi di Pandora o vuoti involucri.
E ci sono le sfumature, i messaggi non verbali, i battiti e le occhiate.

Beh, almeno vuoi avvertire i tuoi interlocutori.
Ci sei sempre.
Presente, in ascolto. Tranquilli.
Semplicemente una risposta potrebbe non arrivare.
Magari ti stai semplicemente soffermando sulle domande.
Che si dicono essere il motore del nostro divenire.
Oppure sei stupido e non c'hai capito nulla.
Sta a voi interpretare.

sabato 1 novembre 2014

[Foliage americano day 13] Il mondo in valigia

Te ne vai col sorriso.
Di quelli sinceri.
L'immagine dei simpatici battibecchi familiari in salsa italo-americana è quanto di più preparatorio al rientro in Italia.
Dopo soli tre giorni ti sei ambientato tanto che ti sembrava di vedere scene già vissute, storie vecchie che in qualche modo ti ricordano chi sei e da dove vieni non importa dove sei in quel momento.
Gli Usa sono parte di te nonostante tutto e per fortuna.
Stavolta però hai dedicato questo viaggio alle persone non ai luoghi.
Fantastiche perchè umane. Colte dall'interno.
Torni contento.
Felici di averle riviste o conosciute.
Di aver condiviso le chiacchiere, il cibo e i riti.
Case moderne piene di spazio e case che ti hanno riportato vecchi ricordi d'infanzia.
Dove si vive le vite che si scelgono.
Che nascono da decisioni forti come l'emigrazione e diventano nuovi radici di un albero forse allucinato ma terribilmente emozionante.
Le valigie si riempiono.
Per poi far spazio ad altre.
Gironzolando per il mondo che visto nel planetario di Washington DC stupisce per quanto è piccolo e immenso allo stesso tempo.

Il globetrotter Simone

venerdì 31 ottobre 2014

[Foliage americano day 12] Far away, so close

L'altra parte della famiglia è nella Little Italy di Pittsburgh.
Quella più legata all'Italia almeno per quanto riguarda la prima immigrazione.
Infatti sei praticamente nel paese che prima raccoglieva tutti gli emigrati italiani.
Quindi altri incontri, visite, chiacchiere, risate, un linguaggio misto e tanto cibo.
Un altro tipo di famiglia certo ma sempre accogliente, simpatica e vasta.
Stavolta solo 13 bambini a cena (ieri 7).
Poi di corsa tutti insieme alla parata di Halloween.
Maschere, carri, bande e quintali di caramelle lanciati per le strade.
Parli di Italia e vivi l'America.
Anche stavolta tante sensazioni difficili da spiegare. Tanti volti finalmente collegati. Piacevoli scoperte.
Ripensi al tuo concetto di famiglia.
A come sia difficile definirla nella sua interezza. A chi entra e a chi esce.
Questi giorni hai sbancato il botteghino.
Sold out.
Beh, pensi che non sia facile farlo in poco tempo.
E sai di esserne fortunati.
E ne sei felice.

giovedì 30 ottobre 2014

[Foliage americano day 11] Just another place to call home

Come dicevo, quest'ultima parte del viaggi è dedicata ai ricordi.
Tanti anni la famiglia di tuoi nonni, come tante altre, si è separata.
Anzi direi frammentata.
Una parte è rimasta nel paese di origine.
Un'altra a Roma. Altre all'estero.
Chi in Germania, chi in Australia, chi in Svizzera.
Tutto questo avvene negli anni del boom economico o poco dopo perchè nonostante tutto c'era fame di lavoro.

Essere a Pittsburgh è come vedere un sentiero che passa lì vicino. Che hai conosciuto in qualche modo ma che non stai percorrendo.
Oggi vedendo i posti dove hanno vissuto i tuoi zii e i loro figli e nipoti, di cui hai sentito tanti racconti in passato, hai provato a fare collegamenti e come ogni famiglia ti occorgi della drammatica complessità della vita.
La comunità italiana qui è molto forte soprattutto perchè sono quasi tutti delle stesse parti, stesso paese.
Un altro posto che puoi chiamare casa.

Stasera poi, durante la cena organizzata per te, con tutti i cugini visti tanti anni fa o mai ma con cui ti senti legato, beh eri commosso.
Hai cercato di parlare con tutti, in un misto tra italiano (poco) e abruzzese/inglese (tanto, con discorsi in cui venivano mischiati a caso).
Hai cercato di conoscere le loro storie e ricordare i momenti passati insieme con loro.
Risate tante. Sai già ti mancheranno.

Sì, un post un po' melenso ma un'accoglienza così va solo lodata e ringraziata.
Le altre sensazioni le tengo per me.
Ben custodite.
Domani si ripete con l'altra parte della famiglia.

mercoledì 29 ottobre 2014

[Foliage americano day 10] 5 fottutissimi dollari

Sera tarda.
In ritardo di due ore sulla tabella di marcia a causa del traffico assurdo in Virginia.
Sei stanco.
La giornata è stata tosta ma è l'ultima prevista di questo tipo.
Esci dall'autostrada a pagamento che hai percorso per miliardi di miglia (tipo di autostrada mai presa prima e non prevista dal navigatore Garmin).
Arrivi al pedaggio.
Sono tipo 13virgolasomething dollari.
Apri il portafoglio e ne hai solo 8 e qualche spiccio.
Azz. Tanto c'è la carta di credito...
Beh al pedaggio non le accettano.
Ed ora?
Ti chiedono la patente per addebitarti la multa ma sei italiano quindi non va.
Ti dicono di accostarti così chiamano la polizia.
Tu lo fai ma dici di voler trovare un bancomat per prelevare laggiù dopo l'uscita.
Parcheggi con le 4 frecce sulla rampa di uscita.
Vai.
Scendi dal pendio con breve accenno di pioggia.
Provi un motel ma niente.
Il secondo,niente.
Il fottuto macdonald? Niente.
Lo trovi in un altro.
Vai col bancomat ma in Italia è notte e non funza.
Provi la cc ma non ti accetta il pin.
Sudante chiedi aiuto quasi elemosinando danaro.
Nessuno sa dartelo.
Torni indietro dal casellante.
Lo odi ma non puoi dirglierlo.
Lui dice che devo pagare altrimenti niente patente.
Non resta che chiamare il cugino per farti venire a prendere e fare la prima figura di merda senza neanche essere arrivato.
Dopo 15 min che aspetti al casello subendo la gianna con solo un misero maglioncino addosso, lui arriva e ti guida a casa.

Beh America, tu e le tue carte di credito che usi pure al cesso...beh...vaffanculo!

martedì 28 ottobre 2014

[Foliage americano day 9] Prima traversata...Washington DC

Comincia la parte in solitudine che durerà poco, fino a domani sera.
Col l'improbabile auto verde ti spari 6 ore di macchina.
Tutto ok. Gli americani corrono con le macchine c'è poco da dire.
Il percorso è praticamente fatto solo di strade e foreste.  Qualche città.
Si arriva a Washington nel pomeriggio e subito comincia il giro del Mall e del quartiere di Georgetown.
Ora, ieri hai accusato la scalata a Chimney Rock. Poi il viaggio in macchina di 400 miglia. Non contento ti spari settantordici km a piedi nel giro.
Magari meno?
La beffa? Toppare la strada a piedi e farti aggratis altri ventordici km.
È ora che ti mandi a fanculo da solo, mi sa.
Hai provato a fermrti in locale creolo/jazz per cena ma il tuo fisico ti ha detto "una fetta di culo pure?".
Ti puoi dire distrutto.
Fortuna domani ritorni in famiglia ai ritmi slow a cui ti eri abituato.
Veniamo a DC.
Non ami le cose monumentali di norma.
Qui peró c'hai vissuto per anni con West Wing prima e House of Cards poi, oltre a millemila film.
Davanti all'uscita della west wing della casa bianca ti sembrava di vedere Josh e Donna uscire dopo una giornata di lavoro col presidente oppure Frank Underwood perso nelle sue trama.
Pazzesco.
Sul Mall ricordi Lincoln, il Vietnam e soprattutto la seconda guerra mondiale.
Senti la storia ufficiale tornare alla testa con tutte le sue contraddizioni,  a partire dallo stesso Lincoln.
Gli Usa sono anche questo. Con Campidolio e il Pentagono. E molto altro
Prendere o lasciare.
Capire i meccanismi dietro alla democrazia, non fermarsi alla grandeur.
Anche per questo ringrazi Josh, Josiah, Cj, Toby, Sam,
Leo e soprattutto Aaron
Per averti intrattenuto con storie che raccontano chi siamo e cosa vorremo la nostra democrazia.
Non quello straziante memoriale con la lista dei morti del Vietnam.

lunedì 27 ottobre 2014

[Foliage americano day 8] Ultimo giorno nel sud...con la famiglia

Ti rendi conto a fine giornata che questi ultimi tre giorni sono volati vivendo insieme alla splendida famiglia di amici.
Oggi in gita sulle montagne con loro, in mezzo alla natura nel pieno foliage con cascata e picco di roccia inclusi nel quadretto.
Ringrazi loro per averti offerto la possibilità di vivere un piccolo spaccato della vita fuori dai grandi circuiti del turismo.
Belli i siparietti familiari, le cene insieme, le partite e gli allenamenti, le chiacchieri, i giochi, il taglio delle zucche, i balli e la musica, gli attimi di terrore nella piantagione infestata, gli abbracci, le prese in giro e tanto altro.
Momenti intensi e veri.
Ora mi aspetta Washington e poi altre famiglie, stavolta all'insegna dei ricordi e della radici.
Beh, porterò sempre nel cuore questi momenti.
Grazie Fabio, Brandy, Lorenzo, Francesca e Sofia per aver reso possibile tutto ciò.
Si continua...

domenica 26 ottobre 2014

[Foliage americano day 7] Piantagione di cotone...infestata

Quello che rende grandi gli americani è saper creare un mito della propria vita e della loro (breve) storia.
Così accade che per caso visitando una ex piantagione di cotone assisti alla rievocazione storica di un episodio dell'ottocento in salsa horror.
Cura dei dettagli, senso della meraviglia, immaginario nutrito a dovere.
Questo in famiglia.
Come la preparazione delle zucche da metter fuori casa per Halloween.
In compagnia dei bambini il tutto si riveste di un vago sentore di innocenza, dritto verso la radice delle emozioni.
Che siano spavento o gioia, stupore o liberazione, gli Usa incarnano spesso queste immediatezza.
O almeno questo si rispecchia col tuo immaginario di bambino, rapito per quei racconti dove l'ordinario diventava straordinario.
Perchè diventa parte di un rito a cui ogni bambino sogna di partecipare

sabato 25 ottobre 2014

[Foliage americano day 6] Tutto ciò di cui hai bisogno è...nel Walmart

Cominci dalla fine per spiegare il tutto.
Un giro nel megasupermercato dice tanto quanto un giro nei subborghi di una città.
Poi se fatto con chi ti fa vedere le sfumature e i dettagli, ti da un quadro di insieme.
Armi, vestiti, costumi, junk food, persone improbabili, oggetti estremamente necessari nella loro inutilità.
C'è tutto, mischiato in maniera folle.
Affascinante.
La linea di demarcazione può essere una strada per quartieri di classe sociale diversissima, uno scaffale per separare un cibo bio da le più improbabili misture iperglicemiche.
Leggere un'etichetta, una lectio divina di raro masochismo.
Poi insieme alla famigliola ti immergi nella vita quotidiana.
Quindi allenamenti a calcio o cene conviviali.
Ti accorgi che la dimensione sulla quale vuoi essere è quella che scegli.
Solo che qui rischi di cadere nella pandimensionalità percettiva.
E vai col trip, allora.
Buona visione.

venerdì 24 ottobre 2014

[Foliage americano day 5] Jersey shore...e oltre

Come in ogni giornata di pioggia, non c'è traffico tenga.
Ovunque nel mondo.
Guardare così il Garden State, sembra solo strade e fabbriche. Uffici e capannoni. Poi attraversi l'Hudson e sei ad Harlem. Poi Bronx e Queens.
Ti accorgi di essere attaccato al finestrino come i bambini nei film.
Il cervello elabora ma non proietta nulla di concreto.
Tanti ricordi falsi diventano vere immagini.
Come quando cerchi di fare una foto alla skyline di Manhattan da un ponte dentro una macchina ed immancabilmente becchi il traliccio.
Si va a sud vedendo il nord nel pieno del suo essere.
Di nuovo volo con l'aereo di topo gigio (54 posti). Jfk e aereoporto di charlotte girati in taxi-aereo per ben 45 min.
Arrivi finalmente a casa.
Sì, piena suburbia.
Casa di amici.
Parcheggi sul vialetto ed entri dal garage.
Hai appena iniziato l'american beauty.

giovedì 23 ottobre 2014

[Foliage americano day 4] Ristorante italiano

Post conviviale.
Dopo giornata dedicata a stendere il progetto trovando idee e valorizzandole, c'è la cena col gruppo con due italiani e mezzo su otto.
Ora, in Usa ho mangiato poche volte italiano. Devo dire niente di così schifoso.
Mi fa ridere però come ti guardano,  chiedendotelo anche, come un alieno alla prova. Un italiano che mangia italiano negli USA.
Il tutto condito dai camerieri che mischiano parole di dubbia provenienza.
Ti rendi conto di come siamo percepiti. Esigenti sul cibo anche se loro le differenze non le vedono.
Acqua san pellegrino ovunque cosa che italia non la trovi in quasi nessun ristorante.
Piatti tuffati nelle salse.
Conversazioni varie anche se si torna sempre sul lavoro.
A tavola si risulta più simpatici. Alle nove stai già in albergo pensando ai kg che stai prendendo mangiando come drogato.
Detto ciò, è tutto tremendamente divertente.
Soprattutto se ti butti nella mischia e vedi cosa ne viene fuori.

mercoledì 22 ottobre 2014

[Foliage americano day 3] In the middle of.

Ritorno in NJ e primo meeting.
Se ieri venivi immerso in un atmosfera casalinga, oggi torni ad essere internazionale e a parlare per un continente.
Ok. Stiamo parlando di lavoro e non di pace nel mondo ma forse in questi momenti ti senti parte del mondo, portando le tue esperienze.
Ovviamente ti è capitato di farlo in contesti più sociali come il volontariato ( e aggiungo più nobili) ma c'è da dire come nel lavoro l'urgenza di essere parte del tutto sia più immediata.
Se non avessi un animo curioso forse il mondo lo conoscerei solo attraverso il lavoro, limitando il tutto all'efficienza, alla profitabilità e allo sfruttamento delle risorse.
L'aspetto emotivo che è parte dell'animo umano come quello razionale rimane sempre tra le righe.
Passando la sera a manhattan, conquistandosi il marciapiede passo dopo passo è una banale metafora sul cosa ci muove ( il consumo) e da come veniamo interrotti guardando in alto ( lo stupore).
Tu in mezzo che cammini e poi ti fermi,  magari sulle strisce per fare una foto cercando di cogliere quel qualcosa vicino all'attimo emozianale e la testimonianza di dove sei nel mondo.

martedì 21 ottobre 2014

[Foliage americano day 2] It's so quiet...

Difficile esprimere il concetto.
Ci provo tramite immagini.

Autunno inoltrato.
Gli alberi nel pieno della stagione, tutti colorati.
Spazio.
Vento.
Freddo.
Spazio per permettere alle foglie di cadere con dolcezza dove vogliono, quasi indisturbate.

Visita del piccolo stabilimento.
Calma.
Un sacco di domande, una conversazione piacevole.
Stona il giro nel solito reparto dove manca la luce.
Sarebbe da indagare sul perché con tanto spazio a disposizione, i reparti sembrano luoghi di prigionia, dove per cercare un po' di luce devi andare sulla strada.
La sicurezza a lavoro? Mah, opinabile.

Mi colpisce sempre come gli americani si relazionino con lo spazio infinito che hanno a disposizione.
A volte sembrano ignorarlo, in altre viverlo come se fosse il loro ambiente naturale.
Forse colpisce me, italiano, perché noi in qualche modo ne dobbiamo sempre fare i conti.
Anche quando, volutamente, decidiamo di non considerarlo come se non avesse un'influenza sulla nostra vita quotidiana.
Vuoi per il lavoro che faccio, vuoi per la passione per la geografia che ho, guardo sempre ogni singola nazione vive i suoi spazi.
In macchina, dall'ennesimo aeroporto, mi guardo intorno.

Laggiù c'è Manhattan ma qui ci sono solo strade, luci e prati.

Parliamo di caccia con due persone diverse e mi fanno pensare al nord del Michigan con fantomatiche donne cacciatrici più abili dei compagni.

Parliamo di gente che raramente passeggia per strade perché per km può non esserci nulla.

Vedi persone, le conosci.
Vedi terra e natura, cogli i dettagli e la sua storia.
Faccio fatica a collegare le due cose.
Si vede anche dal fatto che questo post non ha un senso ben preciso.
Tento almeno di farlo, nella mia testa ma ho sonno.
Jet lag regna.
A domani.


lunedì 20 ottobre 2014

[Foliage americano day 1] incroci

Inizi un nuovo viaggio negli Usa.
Lo inizi pensando ai linee che tracci lungo il percorso.
Ogni scalo si sfilaccia. Perdela trama e ne ritrova un altra, diversa.
Gli aeroporti sono dei grossi miscelatori, compresivi di zone di ristagno della polpa e altre che rimangono intonse.
Oggi hai girato molto al loro interno,  specie per le operazioni doganali. Gli incontri vanno e vengono e nel frullato generale non riesci mai i determinare il sapore. I gusti variano troppo velocemente così cone i corridoi degli aeroporti che sembrano progettati per gli appuntamenti ma sempre tristemente vuoti.
In aeroporto nascono e muoiono velocemente le storie nella tua mente. Riesci solo a contemplarle.
Ti siedi allora e ti guardi intorno. Poi riapri il libro  al segno che avevi lasciato.
Con un piccolo sorriso di complicità.

Ps. Il libro, consigliatissimo, eraquello nuovo di zerocalcare.

Pps. Domani comincio a parlare anche degli Usa. Posso dire già che fa un freddo da paiura

lunedì 6 ottobre 2014

Lentamente

Stai correndo.
Sincronizzando il tuo respiro al passo.
Cercando l'equilibrio, instabile, in continuo movimento.
Sudi, fai fatica e i muscoli tirano.
Togli la poesia del vento nei capelli e invece riconosci l'aria umida che grava sui tuoi muscoli e raschia la tua pelle.
Ti muovi e il paesaggio invece apparentemente rimane fermo.
Invece no, si muove lentamente contro di te.
Piccoli dettagli che cambiano, a volte impercettibili eppure istantanei.

Alla fine del giro ti fermi, secondo quando stabilito.

Ecco, in quel momento, quando le tue falcate si trasformano in passi, senti solo il sudore, il fiato e la fatica scaricarsi lungo il tuo corpo.
Perdi per pochi attimi il pensiero o questi si trasforma in semplice azione.
Ti stai fermando e sei ora in piena presenza con te stesso.
Delle tua fisicità. Il mondo sparisce e se chiudi gli occhi, niente altro esiste.
Pochi attimi poi riaccendi lo sguardo e il mondo turba ad inondarti, senza freni, senza preavvisi.

Ci sono cose che ti succedono coscientemente. Molte altre meno.

Sembra che riescano ad accadere solo velocemente, fuori controllo, senza pietà, in bellezza e in tragedia.

Solo che tu sei lento.
Sempre ed inevitabilmente.

Allora, ogni tanto, ti fermi.
Chiudi gli occhi.
Inspiri.
Perdi coscienza, dentro.
Poi li apri e tiri fuori il fiato.

E il mondo arriva.






domenica 17 agosto 2014

5 giorni su 365

5 giorni su 365 all'anno di felicità.
Così pochi?
Sono quelli che il destino ti riserva secondo un detto bretone.
Devi considerarli diluiti, quei giorni.
432000 secondi da spalmare.
Detti così invece sembrano tantissimi.

Sono sparsi casualmente.
Come casuali sono gli incontri che ti capitano durante il tuo peregrinare nei vari posti del mondo.

Così incontri una signora che gestisce un agriturismo in Maremma dalla strano accento.
Scopri che viene dalla Bretagna, si dichiara bretone e non francese.
Ha vissuto a Milano, a Palermo, a Parigi e in Africa.
Si innamora della Maremma che le ricorda il suo paese natale.
Un isola selvaggia sull'oceano dove i collegamenti con la terra ferma si faceva con barche e ponti mobili.
Dove i bambini venivano bagnati sin da piccoli nelle fredde acque dell'oceano per temprarli alla vita dura che li aspettava, in quella terra dura e battuta dai venti.

Ti racconta tante cose, esperienze di vita, fatta di archeologi, diplomatici, religiosi.
Affronta anche il discorso del cancro e delle scelte che hanno cambiato la sua vita solo pochi anni fa, senza che questo influenzi il suo carattere forte e determinato.
Uno sguardo poi attento ai minimi dettagli che ti riguardano così da capirti senza neanche doverti spiegare.
Sei quindi lì, affascinato da questi racconti, dandoti la possibilità di partecipare ad un'esperienza di vita.
Vieni invitato a trascorrere la serata con lei e gli altri condomini quasi a voler condividere per altro tempo un esperienza fuori dal tempo ma allo stesso tempo così vivida da esserne una parte importante.
Riconoscendo quel tempo come facente parte dei 5 concessi.

Difficile riassumere le sensazioni provate.
In tutto quel parlare però mi è sembrato necessario staccarmi un attimo e contemplare il paesaggio al tramonto che si godeva dal terrazzo vicino a dove si stava conversando e capire guardando soltanto come bastino cose come queste per assaporare quegli attimi.

Ps. La conversazioni, in due atti, ha totalizzato un tempo di circa 3,5 ore, cioè circa 12000 secondi. Questo per dare un peso


giovedì 14 agosto 2014

Gli occhi tracciano tutto il percorso

Ogni vacanza porta con sé tante cose.
Fai nuovi progetti, ti godi il posto dove sei e la compagnia che hai scelto di frequentare, assapori cose nuove.
Tutte cose che appena torni, molto spesso, spariscono senza neanche che te ne accorgi.
Verranno fuori poi quando meno te le aspetti.
Fa parte del gioco della vita alla fine e ci sta.

C'era una cosa ieri che ti frullava nella testa mentri eri in macchina e percorrevi la solita strada.
E' agosto e i ritmi sono più lenti.
Viaggi a velocità diverse dal solito e la luce è quella estiva, satura.
La natura non è ancora brulla e bruciata dal caldo quindi i colori sono accesi ma non accecanti.

Beh, ti rendi conto che il posto dove sei sempre vissuto, quello della tua vita quotidiana, quello ai margini della tua giornata qualunque, è un posto bello.

Badate, in questo caso la bellezza non è acquisisce un'oggettività.
E' quella bellezza relativa ai ricordi, che richiama vecchie sipnasi del proprio cervello.
Una sorta di bellezza scontata che fa parte di te.

Ho viaggiato parecchio e ci sono posti che mi sono rimasti nel cuore e nell'anima, diversissimi tra loro.

Spesso offrono spunti per giudicare/recriminare lo stato delle cose del tuo posto quotidiano.

Se fosse così...se cambiasse questo...

Poi accade che ti trovi a girare da solo nella tua vecchia casa e sai trovare in automatico l'interruttore della luce o sai muoverti al buio seguendo percorsi scavati nella memoria.

Certo, sarà l'abitudine a renderli così ma sono i posti del mondo che ci conoscono meglio e che fanno parte di noi più di una scogliera o un altopiano stepposo.

La stessa differenza tra capire chi siamo e dove vogliamo tendere. Essere e desiderare.

Fa bene ogni tanto ricordartelo.

sabato 5 aprile 2014

Tu o perfida Albione, dispensatrice dei miei sogni e avara di raggi iridescenti

Ok. Ultima notte nel cuore dell'impero e alla periferia del regno.
Parte del mio immaginario nasce da queste parti.
Meglio in posti come questi nascono i narratori del mondo.
Placide campagne verdi illuminate a volte da un tiepido sole.
Non sono posti aspri e inquieti come le  scogliere o le brughiere. Lì si gioca facile coi sentimenti.

È un paese che visto al suo interno non sembra essere mai cambiato.
Però sono sparite industrie e vitalità.
Cercando di essere più prosaico , sta un po'morendo dentro. Alla stesso tempo si mantiene al suo meglio. Gli inglesi viaggiano ma tornano qui a villaggiare. Parlando del mondo o ritirandosi da esso magari curando il primo fondamentale giardino.
Avanti ed indietro in un equilibrio quasi perfetto.
Forse troppo per poter durare veramente. Intanto qui nascono le idee. Con una tazza di tè.

giovedì 3 aprile 2014

[ Perfida Albione day...Not available] Giorni di ordinaria ingletudine

Non avendo connessione non ho avuto possibilità di aggiornare il diario. Non che questi giorni siano stati poi così diversi. Si stava in stabilimento per un sacco di ore facendo supporto tecnico.
Tante cene coi colleghi in cui facevamo gli italiani alla mano.
È strano notare come anche quando mi trovo a parlare italiano oramai lo mischio con l'inglese. Parlando entrambi in modo improbabile.
Momenti memorabili. Una gara di tiri a golf in ufficio dove ho stupito tutti facendo centro al primo colpo. L'odio era palpabile nell'aria.
Siamo in mezzo alla campagna e la vita scorre placida. I negozi chiudono presto e regna il silenzio e l'ordine. La cosa di per sé è molto piacevole. Ti fa staccare se ne sei in grado. Noto che questo è qualcosa a cui in Italia non siamo abituati.
Per contro ti manca anche un po' di caos. Forse per semplici motivi genetici.
Un'altra esperienza diversa che arricchisce il mio bagaglio. Mi piace girare e mischiati con la gente.
Il limite rimane la lingua e il cibo.
La prima perché ancora non sono in grado di cogliere le sfumature e i discorsi molto colloquiali che soltanto col tempo capisci. Il secondo perché per quanto non sia schizzinoso so che il mio stomaco regge relativamente e ha bisogno di pause rigeneranti. Tipo diete.
Domani si va a Bristol nel pomeriggio. Si chiude il supporto con un bilancio indefinibile al momento. Intanto si torna.

mercoledì 2 aprile 2014

[ Perfida Albione day two] come rendere i bagni un'avventura

Posto che non si fa molta vita durante il giorno e la sera il villaggio è praticamente deserto, mi trovo a scrivere il diario senza una connessione wifi regolare.
Ergo parlo di uno dei problemi degli inglesi: costruire dei bagni per soli alieni.
C'è da dire subito che la tavoletta del water non esiste che rimanga alzata se non piegandosi in configurazione laocontica. Rischiando grosso in termini di gittata e concentrazione nel fare la pipì. La cosa bella è che qui non esiste il concetto di miscelatore, conquista mai troppo lodata degli anni 60.
Devi rischiare l'ustione o il congelamento, il tiepido è un concetto solo accettato quando si parla di sentimento.
No interruttori della luce nei bagno ma solo catenelle. Perché andare al bagno è come segnalare un'emergenza.
Va beh, domani sera forse posto la giornata di oggi.
Intanto rivaluto il mio angusto ufficio.
Perché non sempre si considera avere il soffitto basso come nella casa di topo Gigio.

domenica 30 marzo 2014

[Perfida Albione day one] deep in the countryside

Di nuovo in giro.
Immerso nella campagna inglese.
Albergo nel paesino sperduto poco lontano dal Galles.
Stavolta in compagnia del collega con un'idea vaga di quello che si andrà a fare.
La campagna inglese è rilassante. Tranquilla.
Forse troppo per viverci.
La cosa bella di questi viaggi nei vari stabilmenti è che ti permettono di entrare dentro il paese. Lontano dalle grandi città. Magari entrando in contatto con una verità più consistente.
Ne parliamo domani.
Intanto penso alla mia vicina di posto in aereo che beveva allegramente il suo gin tonic . Perché giustamente durante il volo devi saperti trattare bene

domenica 23 marzo 2014

[ Trasferta ammericana day eight] Comeback home

Situazioni strane.
Sul treno uno credo di origini slave si guarda Beatiful sullo smartphone.
Va beh.

I newyorchesi hanno qualche problema con le porte. Una fatica ad aprirle, che siamo degli autobus o dei negozi. Rischi la decapitazione se non ti sbrighi. E non era solo colpa del mio problema nel leggere ed interpretare il verso.

Alla fine quindi?
Quindi per me New York è un problema.
Ti inganna con le sue strade in croce numerate, facili da capire tanto da farti pensare che ci vuole poco a fare un paio di avenue e una decina di Street. Tanto che a fine giornata hai camminato chilometri.
Mancherebbe un appoggio qui che ti facesse conoscere la città da abitante ma va beh.
Intanto la pisantata bellissima a teatro me la sono vista. Ah ah ah. Anzi AH AH AH.

Pippa del giorno. Tutti questi grattacieli sono abitati o sono vuoti? Cioè pure a brooklyn ne ho visti settantordoci in costruzione. Va beh 9 milioni di abitanti ma servono veramente.

Brooklyn più rilassante di manhattan ma mi sono perso per cercare un mercato delle pulci che di inverno ovviamente spostano in un'altra galassia.

Comunque qui ci si deve venire preparati, agguerriti e pure un po'ricchi.
Per dire io no.
E a stento ne sono uscito.

Semplicemente ciao NYC.

sabato 22 marzo 2014

[Trasferta ammericana day seven] All'improvviso una serata a teatro

New York ti sfinisce.
Ti inonda.
Ti strega.
E ti fa sognare col teatro.
Ovviamente ho beccato una recitazione in puro stile british e non ho capito molto.
Quei due sono due mostri e ha comunque meritato.

Ho camminato tanto. Ho visto tante cose come gente che sull'autobus porta specchi enorme e porte per metterle nei propri appartamenti.

Ho visto negozi, sopraelevate rese parchi.
C'è tanto da dire ma anche no.
Sono stancherrimo.
Ora dormo che domani valigia, ultimi giri e poi si torna. Non dormirò per un bel po'.

giovedì 20 marzo 2014

[Trasferta ammericana day six] Girando per il New Jersey...

...si incontrano vecchie conoscenze.
Colleghi visti tempo fa, magari ad un'allegra cena di lavoro.
Il bello è che si ricordano, sono gentili con te.
In qualche modo ti senti parte di un gruppo di cui spesso ignori di far parte.
Parli col superboss (alto almeno settandorci metri) in una atmosfera rilassato.

Qui negli uffici regna il silenzio anche sono immensi open space.
Anche se hai molto da fare non c'è l'ansia che ti cala come una scimmia sulle spalle.

Poi le cose strane.
Nei bagni ti spiegano come lavarti le mani bene, con visual aid ed altro.

Sapendo che sei italiano, la prima cosa che ti chiedono è se vuoi un caffè "vero", fatto con l'espresso.
Tu accetti ma ben sai cosa accadrà.
Oggi è arrivata la tazzina, colma come non mai col caffè un po' bruciacchiato.

non parliamo dei millegustituttiinsieme dei loro piatti.
Io qui non ho molta fame forse perché se ne mangi un boccone il tuo fegato urla di non fare altro.
E' vero, puoi scegliere altro ed infatti una cena l'ho fatta solo con la frutta.
Non vi parlo di lavoro perché sarebbe noioso perché oggi mi hanno spiegato (un'italiana) come loro sin da piccoli siano preparati a tenere discorsi/dibattiti in pubblico.
Difficile vedere contrasti di tipo umorali.
Le riunioni procedono tranquillamente e l'aggressività è bandita.
Non è perché non esiste ma semplicemente le cose devono procedere nel modo più efficace possibile.
Tanto poi hai tempo di sfogarti parlando di football o del tempo.

C'è da dire che si respira un'altra aria e non è poco.

Domani si torna a New York e forse ci saranno altri momenti carramba.
Olè.

[Trasferta ammericana day five] una cena che può durare tre ore

Giornata di fine workshop. Progetto complesso. È stata dura. Forse troppa roba da conoscere.
Torno in albergo spompato. Non ho fame.
Visto che piove non si esce. Così io e Nancy, la collega cinese, rimaniamo a cena in albergo.
Beh dura tre ore e parliamo di molte cose. Del suo paese, del mio, di come i punti di vista siano diversi. Qualche risata.
Viaggiare per lavoro ti permette se vuoi di conoscere un sacco di cose.
Certo gli alberghi sono luoghi di nessuno ( Paris il tuo hotel non è cool) ma essere cacciati dal ristorante perché si è fatto tardi è impagabile.
Vuole dire che il tempo ha sempre un suo valore.
Se sia economico o umano sta a noi la scelta.

mercoledì 19 marzo 2014

[ Trasferta ammericana day four] Essere Global e anche glocal

Sarò breve.
Giornata lunga di riunioni dove la propria visione del mondo si allarga e rischi di cadere. Opportunità, rischi, scenari, persone.
La cena in riva all'hudson con vista New York parlando di tante cose. Pensieri di vario tipo nell'ombellico del mondo.
Poi tornando a casa vedi la luna spostarsi ed attraversare la Freedom Tower e rimani scioccato.
Sto cominciando a pensare in inglese e a capire tutto.
Essere al centro ti fa definire i confini. O almeno a rendere la potenzialità un arma da usare per ricentrarti.
È il solito mio terzo giorno. Passati i due di adattamento le cose risultano più liscie. Poi chissà...

martedì 18 marzo 2014

Trasferta ammerricana Day Three] C'erano un ammericano del sud, una cinese ed un italiano...

Primo giorno di sessione meeting a livello globale.
Devo dire che i primi giorni sono tosti in termini di immersione con l'inglese.
Mille argomenti di cui parlare, un sacco di aspetti per cui ne sono molto poco.
Ho mangiato un ignobile pizza per pranzo e sofferto il freddo in una sala riunioni prossima monita di aria condizionata fredda non modificabile.

Finite le lamentele ho al solito brillato nella conversazione a cena, composta dai membri in oggetto.
Prima un ovvio passaggio da Macy's giusto perchè oggi il Mall non poteva mancare nella schedule.

Ah, il locale della cena era un "classico" locale delle Bahamas.
Tipico direi.
Certo che puoi essere dappertutto e rimanere nello stesso posto qui negli States.

Tra le figure da solito italiano, ho scoperto l'anima repubblicana del sud e una visione cinese della democrazia.
C'è poco da fare. Queste sono le cose che validano i viaggi e la gente che conosci nel mondo.
Avere un'istantanea di come accadono le cose agli altri senza esserne implicato, prendendo solo quello che si riceve e che si vuole dare.
A prescindere se siano viaggi di lavoro o di piacere.

Rendersi conto di cosa ci separa dal resto e cosa ci accomuna.
Mi fa sentire cittadino del mondo e devo dire anche tremendamente italiano.
Spesso lo sento come una colpa atavica, qualcosa di irrisolto. Ha comunque un suo valore intrinseco.
Bello perché vero e profondo.

Domani altri meeting e poi cenone in riva all'Hudson con vista Manhattan.
Che detto così suona figo.
E lo è.

lunedì 17 marzo 2014

[Trasferta ammerricana Day Two] Giornata a Nuova Yorke

Ho le gambe a pezzi.

In sostanza potrei finirla qua visto che riassume cosa comporta questa città.

Procedo per punti così viene più facile.
Forse.

Clima/spostamenti:
fa un cazzo di freddo nonostante il sole.
Domenica mattina alle 9 non c'è nessuno per strada tanto che le papere attraversano la strada.
Non sto scherzando.
Credo di avere una foto da qualche parte

Harlem/Gospel:
Un sapore di vaga pericolositàchefu.
Ora solo ricordi e poco momevimento.
Alla messa battista di una piccola chiesa, assisto anche al coro.
Eravamo io e altri cento turisti, pochi neri (ed in questo caso va specificato).
Bel coro, messa alla maniera battista con la sacerdotessa.
Ad un certo punto scatta anche il balletto in bianco in mezzo ai fedeli (direi pochi battisti, neanche molto coinvolti nell'unirsi al canto se non due/tre signore).
Da cattolico, ho sempre distorto la manifestazione della fede di altre confessioni cristiane.
Certo è che, al di là dello spettacolo offerto ai turisti (opportunamente ringraziati e benedetti), mi viene da pensare a come la fede possa essere declinata in molte maniere, non meno valide.

Central Park:

altri punti visti, più o meno camminato tutto il camminabile.
D'inverno non è verde. Perde la rigogliosità che ho visto.
Certo di domenica diventa un luogo di pace.

Metropolitan:
Louvre, British M e musei vaticani sono più ordinati.
Qui c'è tutto e basta che sbagli una sala passando dalle pitture ai vestiti.
Immenso, bello e straniante. Va visto a tappe e con tanta forza in gamba.
Comprato un poster.
Passato solo un secondo al Guggenheim, tanto per comprare altro poster.

In giro:

Abbandonata la metropolitana (qui anche le stazione ferroviarie sono sottoterra), sono passato agli autobus.
Vista Gran Station, sono tornato a Time Square dove veramente vieni risucchiato, tu portatore di carta di credito.
Il valore dei soldi torna spesso in mente quando giri per questa città.
Non solo per lo shopping s'intende, che ti rende necessaria qualsiasi cosa che non lo è.
Mi sono chiesto svariate volte quanto potrebbe costare mantenerla, con tutto quello che si vede e non si vede.
Pensando al Tai Chi, qui c'è tanto in aggiunta, in eccesso che rischi di perdere la testa per l'essenziale.
E' efficiente e complessa come nessun'altra. Solo che non ti lascia tempo per sedimentare.

Ci torno venerdì e sabato.


domenica 16 marzo 2014

[Trasferta ammerricana Day One] Arrivo in New Jersey

Ogni partenza denota uno stacco con la routine.
Azzeri. Spegni. Parti.
Non parlo di vacanza perché questa non lo è, almeno non nel senso assoluto.
Capita poi di farla da solo e prende un'altra valenza.
Otto ore di volo ti allontano fisicamente da molte cose.
C'è di mezzo poi un oceano.
Ed infatti alla vista della terra ferma capisci di essere da un'altra parte.
Vedi Long Island, gli Hamptons, le isole.
Ordine, spazio, ripetitività.
Alla dogana durante una fila immensa pensavo agli immigrati dei secoli scorsi e a quelli attuali.
Che tipo di pensieri facevano chi magari aveva abbandonato il paesello.
C'ho pensato perchè in aeroporto ci sono stato quasi un'ora per poi finalmente uscire e farmi un bel pezzo di Brooklyn, Staten Island e New Jersey.
Questa è la terza volta che arrivo negli States e al JFK anche di più.
L'autista della macchina mi racconta della crisi che ha colpito parecchio pure qua. Di come abbia cambiato lavoro e perso un sacco di anni di esperienza nel suo lavoro precedente per fare questo.
Parliamo di viaggi e mi rendo conto di quanto tanta vastità geografica renda il resto confuso e irraggiungibile.
Mi è parso di vedere scoramento nelle sue parole.
Anche qui, nella terra della libertà, a speranze non è che siamo messi bene.
Arrivo in albergo e scopro che il mio adattatore non va bene per il laptop.
Me lo dovevo ricordare perchè già mi era successo due anni fa.
Grazie al personale dell'hotel mi faccio accompagnare ad un centro commerciale (ovviamente andare a piedi neanche può essere considerato), lo stesso dove sono andato al cinema due anni fa a vedere un film trashone.
Che dire, come le cose ritornano.
E' sabato, c'è un casino di gente che gira.
Come ovunque, nei centri commerciali.

Sono diventato un incubo per quelli dell'hotel. diecimila domande.
Hanno avuto pietà di me.

Mi rendo conto che ho scritto un po' di cose a caso. Sono sfasato. Non solo per il fuso e la stanchezza del viaggio.
Ho bisogno di risettarmi e cominciare a parlare decentemente.
Un po' di sano "lentismo" americano.

Si comincia...

lunedì 13 gennaio 2014

Abbiamo scommesso sul fallimento di questo paese e abbiamo vinto



Esce un film e torna inesorabile il provincialismo.

Possibile che in altri paese quando si parla di storie di provincia non scoppiano polemiche così becere?

Il film è ambientato in Brianza ma, a parte l'ambientazione perfettamente funzionale e simile al romanzo di ispirazione, parla di una provincia qualsiasi.

Di persone come noi, come te, che non si rendono conto del danno che fanno quando mettono come priorità la propria avidità, il proprio supervalutato egoismo.
E riducono altri ad un valore danaroso neanche tanto cospicuo (posto che ognuno di noi passa valere una cifra in denaro).

E c'è sempre qualcuno che paga e non ne sei consapevole, perso dentro un loop vuoto e vacuo.

Il film di Virzì "Il Capitale Umano" è un colpo al cuore.
Non più ironico e sarcastico o, meglio, non solo.
E' così crudele da sembrare fino alla fine innocuo ma colpisci dove deve.

Finiamola di perderci in discussioni sulla difesa delle proprio castello, pieno di stanze piene di roba ma vuoto di contenuti e senso.
Guardiamoci in faccia.
E' ora.

Perché questo film, come anche "La Grande Bellezza", sono duri.
Ed hanno la forza però di darci un allarme.

venerdì 10 gennaio 2014

A volte ritornano...

Ci sono quegli incontri casuali, ripetuti nell'arco di brevissimo tempo, che ti riportano indietro.
A tanto tempo fa.

Il tuo primo professore di italiano, quello delle medie, avuto per un solo anno.
Ti rendi conto di quanto ti abbia segnato.

Chi mi conosce sa il mio rapporto conflittuale con la lingua italiana.
Carenze grammaticali ma anche la fascinazione per quelle parole strane, non solo dotte, con un suono particolare.

Non è solo una questione di linguaggio in senso stretto.

E' stato uno dei corsi più strani fatti nella mia vita, fatto ad 11-12 anni, in prima media.
Quando la tua personalità comincia ad esprimersi, staccandosi dalla base elementare dei 5 anni precedenti.
Dove sei "bravo" o "bravissimo" e al minimo sei "benino".

Tanto erano poche le lezioni "classiche", quanto erano frequenti quelle in cui la tua personalità veniva stimolata.
Giochi di intelligenza, gite naturalistiche, basi di cultura popolare contemporanea ti hanno fatto vedere il mondo di allora con occhi diversi, non "istituzionali".
E te li porti dentro d'allora quegli occhi che compaiono nei momenti più impensabili, con la loro carica assurda e ironica.

Così, all'improvviso, pezzi di te tornano e si incastrano.