venerdì 12 agosto 2016

In mezzo all'oceano, su qualche isola - parte 4 - Terceira

Terceira, più di tutte, è l'isola carica di storia con la splendida città Angra Do Heroismo.
Qui l'uomo incontra il mare e i vulcani creando il connubio quasi perfetto.
Va visitata forse per prima, in una sorta di viaggio che parte dalla civiltà per dirigersi verso l'ancestrale, lungo la dorsale atlantica.

A proposito di faglie, nelle Azzorre si possono trovare anche le caverne/cave dentro la terra.
Ti capita quindi di entrarci, in quella al buio dentro le roccia lavica seguendo il corso del magma o in'altra scendendo fino a 100 metri sotto terra seguendo le grotte formate dal gas nelle rocce silicee.
Da qualsiasi punto le si guardi queste isole riservano sempre sorprese,  sotto un'apparente, placida dolcezza verdeggiante.
Mai avrei immaginato di venire qui ed ora penso che siano basilari per capire parte del grande fascino di questo pianeta.
Che siano pochi anni o milioni, una storia da raccontare la si trova sempre.
Magari in un ristorantino vicino la spiaggia, con l'oceano e qualche animale a fare da colonna sonora ad una calda zuppa del giorno.

martedì 9 agosto 2016

In mezzo all'oceano, su qualche isola - parte 3 - Sao Jorge

Ogni mattina la stessa cosa.
Sveglia, colazione, doccia.
Insomma prepararsi per la giornata.
Sali in macchina e sai che per raggiungere il posto di lavoro devi scalare un dirupo di 700 metri lungo una strada in salita, ripidissima.
Arrivato in cima ti fermi per un attimo su qualche miraduro e guardi la tua casa fagocitata nel mezzo tra la caldera, la scogliera e l'oceano all'orizzonte.
Un puntino bianco in mezzo al nero della lava, il blu dell'oceano e il verde lussureggiante della vegetazione.
Bevenuti a Sao Jorge, un parallelepipedo verde in mezzo all'Atlantico, con pascoli nei suoi altipiani e con le sue coste frastagliate, dove piscine naturali permettono letteralmente di tuffarsi nell'oceano che sembra aver appena spento la lava caduta dalla parete vulcanica.
Io non so esattamente cosa scatta in me.
Dal basso verso l'alto il mio sguardo coglie il senso della profondità.
Tento di stamparmelo nel cervello. Per non dimenticarlo.
Le foto non rendono, per forza di cose, la terza dimensione e qui tutto si stratifica su piani diversi.
Il volo degli uccelli oceanici richiede un ulteriore sforzo così come le spume improvvisi delle onde, cariche di speranze per un possibile avvistamento di capodogli o delfini.
Ecco cosa accade.
Sono portato a guardare lontano, oltre.
In profondità.
Tutto ciò richiede tanta energia ma lo sforzo, anzi l'attrito è inaspettatamente minimo.
Quindi, punto l'orizzonte aiutandomi con una mano.
E guardo.
Chissà, se quella cosa laggiù...

domenica 7 agosto 2016

In mezzo all'oceano, su qualche isola - parte 2 - Pico

Non ho mai letto Moby Dick e neanche ho visto i film che fossero basati su di esso.
È nella lista di quelli che vorrei leggere ma quasi sicuramente non ci riuscirò.
Di questo tipo di libri quindi immagino le storie, basandomi su quanto sentito in giro e sulle mie percezioni.
Ieri ero nel museo dedicato ai cacciatori di balene.
Nonostante l'inevitabile giudizio morale che si può avere su questa attività, guardare le foto dei marinai e leggere le loro storie è un altro modo di conoscere chi vive ai margini del mondo "importante".
Dove spesso (sempre?) conta di più la necessità invece delle giustezza.

Le Azzorre offrono una summa di spunti sul concetto di confine.
Sono a ridosso di tre faglie tettoniche. Sono diverse tra di loro, allo stesso tempo vicine e lontane.
Sono un disturbo per l'oceano Atlantico.
L'isola di Pico col suo vulcano imponente per esempio ti rimane nel cuore, autentica nella sua complessità.
Gente gentile e interessata che ti illustra orgogliosa cosa l'isola ha fatto per loro.
Temendo un probabile impoverimento dovuto al crescente turismo di questi ultimi anni.
Come successo con l'arrivo degli americani all'inizio del novecento.
Imparare a cacciare balene per sopravvivere al gioco capitalistico.
Ora, come prima.

venerdì 5 agosto 2016

In mezzo all'oceano, su qualche isola - parte 1 Faial, Azzorre

Ci sono posti che non esistono.
Non compaiono nelle nostre cartine mentali.
Sono distanti quel tanto che basta da dimenticarli.

Sono arrivato qui da due giorni.
Il mio bagaglio risulta perso da qualche parte.
Sono ridotto all'essenziale.
Vedo oceano, scogliere, vulcani e caldere.
Verde ovunque e fiori.
Dove sono? ho smesso di chiedermelo sulla cima della caldera, dopo che le nuvole sono scomparse per far spazio alle vallate.
Tutto velocissimo.
Odori che ti travolgono.
All'orizzonte il monte/isola/vulcano di Pico che emerge tra le nuvole.
Capisco di essere qui e lì o dietro, verso nord, nell'oceano.
Nelle valli pieni di ortensie, in un falso timore che la terra si risvegli.
Perché ad ogni passo senti pulsare il terreno. All'interno di un vulcano tutto può succedere.
E lo sai intimamente.

Se ogni uomo non è un'isola, allora forse può essere un arcipelago.
In mezzo nell'oceano.

lunedì 18 aprile 2016

Sotto i ciliegi in fiore - Giorno 6 Verso occidente

Se l'anima della cucina giapponese è il pesce, la visita al porto l'ha confermato.
Una cosa immensa, piena di bettole dove mangiare qualcosa, in mezzo alle persone del luogo.
C'é da dire che i giapponesi sono dovunque.
Non esisteil concetto di turistico almeno nei ristoranti.
Un po'perchè sono loro stessi turisti.

Comunque tra poco lo lascio.
Mi mancherà Tokyo.
Avrei voluto vedere di più, soprattutto di spirituale
La suggerisco a tutti?
Sì, insieme ad una visita di questo paese così difficile da interpretare.
Basta essere curiosi, versatili e...ricchi.
Il fatto che sia caro è verissimo. Non tutto ma si spende.
Alberghi micro e cibo comunque costoso.
Per quest'ultimo ci si può aiutare col cibo da strada.

Tutto è cerimonia.
Il tè.
Il matrimonio.
L'onore (fino all'estremo del seppoku).

A presto, magari con più calma.

Ps. Con tutte queste lingue nella mia testa ho perso l'uso della parola.

domenica 17 aprile 2016

Sotto i ciliegi in fiore - Giorno 5 Lascia fuori il mondo per ritrovarlo

Stamattina partenza assonnata verso il museo Ghibli.
Per chi non conoscesse, è stato dedicato alle opere dell'animatore Hayao Miyazaki, quello de "La città incantata" e "Il castello errante di Howl". Anche però autore di Conan e Heidi e di molto altro.
In pratica devo a quest'uomo quella vena poetico/naturalistica che popola il mio immaginario. Praticamente tutti i suoi film hanno un sapore dolceamaro che incarna qualcosa di scintoista profondamente radicato nella cultura giapponese (faccio il collegamento perché dopo sono andato nel grande santuario Meiji).
Purtroppo a malincuore mi aspettavo molto di tutto questo nella visita ma non l'ho trovato.
C'è sicuramente un'atmosfera particolare con una proiezione di 15 min molto carina. Inoltre si riesce a vedere molti dei processi di animazione, sia tecnologici sia artigianali.
Oltre al fatto che fosse tutto in giapponese, limitando la comprensione di molte cose, mancavano proprio certe suggestioni.
Ad essere onesti qualcuna ne emerge: quella sulla personalità dell'autore, appassionato di natura, di volo e di storie universali.
Mi è piaciuto ma volevo di più.
Come se fossi andato a Disneyland.
Forse sta proprio qui il punto.
Sono in Giappone, la patria della sottrazione nella descrizione delle cose, della fusione tra forma e contenuto, della purezza scintoista, del codice etico (bushido) dei samurai, della contemplazione della caduta dei petali di ciliego come massima esemplificazione della fugacità della bellezza, dei santuario dove è il vuoto dello spazio a rendere spirituali.
Insomma sto ragionando con parametri diversi e questo modifica la percezione.
Questa città e, credo, questo paese da molto ma ti chiede anche molto. Un lavoro mentale per nulla banale.
Se in giovinezza questo spiritualità orientale esercitava fascino tanto da sembrare la nuova via da percorrere per un'esistenza migliore, mi rendo conto di quanto da giovani si sia senza sfumature.
Entrandoci in questi (pochi) giorni, ho potuto farmi un'idea più complessa, coi pro e i contro che a volte si fondono, senza soluzione di continuità.
Mi mancheranno odori, suoni e luci diversi da altre parti.
Rimarrà sempre quella consapevolezza che la personale via per la felicità richieda l'apertura di molte porte mentali e Tokyo te ne offre sicuramente l'opportunità.
Lasciando sempre fuori le scarpe prima di entrare e iniziando con un caldo tè verde.
Si sa, certe esplorazioni richiedono consapevolezza.

sabato 16 aprile 2016

Sotto i ciliegi in fiore - Giorno 4 Un mondo a parte

Ieri sera sono rientrato a Tokyo, la maledetta città senza indicazioni stradali.
Comincio a dubitare di quanto possa reggere in questa situazione.
Metteteci i postumi post sbornia, le due stronze valigie e l'idea di dormire nella parte di Tokyo più affollata di tutte, sono arrivato in condizioni pietose in albergo.
Stamattina non avevo ancora recuperato ma sta città chiama e io rispondo.
Mi immergo allora nel suo centro geografico e trovo il vuoto.
Il palazzo imperiale e i suoi giardini sono un oasi di pace nel macello cittadino, in termini urbanistici, di questa città.
Un passato mitico, per certi versi più romanticamente percepito da noi occidentali, un misto tra esotico e rogore morale.
Colto da questo momento nostalgici mi trovo da tutt'altra parte a visitard la tomba dell'ultimo shogun.
L'isolamento quasi totale che il giappone ha vissuto per 250 a causa degli shogun l'ho collegato a come oggi, nonostante la tecnologia che loro stessi hanno creato, questo popolo vivano a parte tante cose rispetto al resto.
Basta passeggiare a Shibuya o ad Akihabara per vedere fenomeni sociali solo interni come gli Otaku, fan sfegatati dei manga e derivati, o le Idol, ragazzine cantanti che cantano il J-Pop con video ad alto budget e interi piani di CC dedicati a loro.
Anche per strada se ne beccano così come interi palazzi con stanze dove cantare il karaoke.
Per contrasto nel vecchio quartiere di Yanaka vieni catapultato a 100 anni fa dove tutto è più piccolo e comunque quasi autosufficiente.
Tutto il mondo è lontano ed è di base solo accessorio.
Aprirsi quindi all'Occidente sembra essere stato una cosa necessaria e non voluta, così come tirarsi sù dopo la bomba.
Non perdendo il proprio orgoglio, mai.
Chissà poi se il fatto che le strade non abbiano le indicazioni anche per questo.
Solo chi è e capisce veramente il luogo dove si trova può viverlo.
Agli altri decidere se adattarsi.
Questo viaggio (il Giappone in generale e Tokyo in particolare) lo consiglio di farlo insieme a qualcuno con cui magari condivide una stessa esperienza pregressa (d'infanzia e adolescenza) legata ai cartoni aninati.
Non potete capire quante volte mi sono detto inconsapevolmente: "Cacchio, questo no. Me lo ricordo", legato ad un oggetto,  un casa, uno scorcio, persino un suono come quello del gong o della fontana di bambù e non poter condividere con qualcuno e raccontarsi cosa richiama.
Minchia, qui si portano a galla certe sensazioni un po'dimenticate.
E sono piccole ma piacevoli epifanie.

venerdì 15 aprile 2016

Intermezzo orientale...ripresa

Il risveglio è stato drammatico.
Notte passata insonne, sudando come pochi e capendo che non si ha più l'età per bere.
Scenari interessanti appena aperti ma subito richiusi.
Colazioni mentre le quali si parla di progetti il tuo interlocutore ti dice che è meglio rimandare perché sei un cencio.
Viaggio della speranza con quelle due fottute valigie in centro a Tokyo, toppando quelle dannate strade senza cartelli.
Beh, nonostante ciò, questo viaggio ha talmente tanti salti di fronte che sembra passato un secolo da quando sono partito.
Questa cosa del fuso ha un certo effetto sulla gestione della giornata lavorativa.
Avendo tante cose da fare per il lavoro, l'unica pausa nella giornata è stata quella da turista nelle ore della cena. Poi si tornava in albergo per rispondere ai colleghi statunitensi, appena svegliati.
Tutto per dire che sono fuori controllo.
Da oggi sono in pausa fino a martedì compreso. Mi godo Tokyo che sta già regalando tante soddisfazioni.
Stay tuned

giovedì 14 aprile 2016

Shanghai la città sopra l'oceano - Giorno 4 Telegrafia

Sono brillo.
Non so cosa scriverò.
Serata a cena coi colleghi cinesi.
Risate.
Tre lingue.
Alcool a gogo.
Cazzo quanto bevono.
Ragazza carina.
Devo tornare.
I cinesi sono simpatici.
Altra birra o liquore di riso.
Ad un certo punto non capisco un cazzo di quello che dicono ma annuisco e rido.
Everybody loves Simon.
Tornerò presto.
Ciao Shanghai.
Totalmente impreparato ma meglio così.

mercoledì 13 aprile 2016

Shanghai la città sopra l'oceano - Giorno 3 - Tra le riunioni

Shanghai non è la Cina.
Così come New York non è l'America e Tokyo non è il Giappone.
In questo elenco evito di mettere Roma perché secondo me come media rappresenta l'Italia...
Questo per dire una banalità?
(Certo, mica posso tirar fuori solo perle di saggezza).
Mi spiego.
Il Centro è in stile Manhattan, più esagerato, pieno di luci al neon in ogni dove e camminamenti pedonali sopraelevati che lo attraversano, anche lungo le strade e non solo per attraversarle.
In generale la città si sviluppa in altezza.
Tutta, non solo nelle zone centrali.
Lungo le strade che portano nelle zone industriali infatti spuntano palazzi da 20/30 piani in schiera, tutti uguali tanto da far pensare che un Caltagirone si è trapiantato anche qui e ha fatto il botto.
Tanti negozi, centri commerciali, zone di struscio e altre di svago.
Il fatto è che, tra le righe, ti accorgi che non sei in una città come le altre.
Sei in Cina, una dittatura comunista in un libero mercato.
E' qui sta il fascino bizzarro dell'avere la possibilità di visitarlo da un'altra angolatura.
Essendo venuto per lavoro, c'è una buona possibilità di interagire coi colleghi di qui.
Togliamoci subito un dente.
Non vi spiegherò come facciano a vivere in questa contraddizione.
Mi sono posto però il dubbio che non tutto quello che sappiamo da fuori spesso corrisponda alla realtà.
Non parlo in termini politici o economici. Non mi dilungo sul fatto che siano decisamente in contraddizione con le evoluzione storiche che le hanno viste protagoniste (e forse ormai passate di moda entrambe).
Ciò che mi affascina è che tipo di equilibrio hanno raggiunto.
Certamente avere la possibilità di interagire con l'esterno, per esempio tramite la conoscenza dell'inglese, ha permesso a loro e a me di riflesso di poter scambiare esperienze e renderci partecipi delle progressioni in atto da entrambi le parti.
Nelle riunioni spesso escono trattati di sociologia, spiccia per quanto si voglia, che neanche troveresti in tanti corsi di formazione.
Chi ride, chi parla, chi urla, chi ascolta, chi domanda, chi si vergogna, in un campionario vario di diversità sorprendenti per poi tornare messa alla chiusura della giornata lavorativa, dove rischi di perderti in una metropolitana piena di milioni di persone.


Al di sopra di tutto domina Lei,la burocrazia,  che incombe su ogni cosa.
Quella che decide se una cosa si può fare o meno.
Se poi capita una cosa non prevista dal codice, questa diventa automaticamente non fattibile, anzichè il contrario come da noi in occidente.
Quindi il caos apparente (manifestato con la guida pessima delle auto e delle vociare sonoro e costante) è sotto controllo.
Mi veniva da pensare al fatto che nelle culture orientali si abbia una propensione alla dimensione interiore mentre in quelle occidentali più verso una socialità umorale.
Sono ovviamente estremizzazioni.
Per dirla meglio, a Shanghai l'eterna lotta tra le due parti dell'animo umano trova una delle sue espressioni più recenti.
Assolutamente non risolta come prevedibile ma sfido chiunque a dirmi dove lo sia.





martedì 12 aprile 2016

Shanghai la città sopra l'oceano - Giorno 2 - 20 ore come tante

2 ore e 30 minuti.
Questa è la durata del calvario per arrivare col taxi nell'altro stabilimento qui a Shanghai.
Che poi tecnicamente sia in un'altra provincia poco conta.
Sveglia al solito presto (6:10) per fare colazione e partire per le 7:30 (bucate di un quarto d'ora).
Stamattina, a differenza di ieri, non mi viene a prendere la collega ma vado col taxi.
Con un cinese che ovviamente non parla inglese.
Piove e il solito mondo è in giro.
Ora, sappiamo Roma com'è simpatica la mattina sul raccordo.
Beh qui vanno oltre.
Ho notato lo stesso approccio tra i due popoli, quello del contendersi l'asfalto.
Come un trofeo.
La considerazione viene spenta dal fatto che ho un sonno assurdo e tento di sonnecchiare.
Vengo svegliato dalla simpatica radio cinese che l'autista accende per combattere la noia.
Mica mette la musica però. Solo due persone che parlano per un'ora e si alternano alla radio in dotazione dei tassisti che ripete sempre una stessa cantilena che mi è entrata nel cervello.
Nella zona industriale veniamo fermati.
L'autista scende e scompare sotto la pioggia.
Scattano le diecimila telefonate alla collega per capire cosa sta succedendo.
Intanto il mio passaporto scompare perchè richiesto per entrare.
Beh, per motivi di sicurezza, lui non può entrare e devo essere venuto a prendere da uno autorizzato.
L'espressione del mio viso è al di là della previsione che se ne potrebbe fare.
Arrivo quindi in ritardissimo e vengo deriso da ogni collega che incontro, anche se non parlante lingua inglese.
Non vi dico le operazioni con badge, metal detector e altro.
Essendo ormai maturato dopo anni di esperienza, scatta la vendetta.
Nelle riunioni li massacro di domande.
Nel plant tour pure.
Credo che il responsabile della cassaforte mi volesse richiudere nel caveau a vita.
Questo perché le domande scomode tocca farle a me.
Cibo della mensa decente e lì scatta lo show vendicativo coi colleghi piegati dalle risate.
Nel pomeriggio scontro su una tabella da dati nel quale vinco su tutta la linea.
Scatta ovviamente la vendetta al contrario.
La cattiva collega dice alle 16:50 che l'ultimo shuttle per tornare è alle 17 e dobbiamo correre per prenderlo poiché il taxi non può entrare per i motivi di cui sopra.
Scatta la corsa per uscire.
Ora, secondo voi nel mega stabilimento aziendale dove è posizionato il nostro, piccolo in confronto agli altri?
Sì, bravi, nell'angolo più lontano.
Almeno un chilometro per uscire.
Lei scappa su un altro urlando "Sorry, Simone".
Io vengo lasciato al suo complice.
Ci facciamo un'ora di autobus per poi prendere tre metro.
Ore 19 circa.
Stanco come uno straccio, cosa decido di fare, finalmente solo?
Vado sulla torre di Shanghai alta 200 metri con camminamento su pavimento fatto da vetri.
In pratica cammini nel vuoto, con l'ansia per le altezze che ti sale a mille.
Litighi con la tua coscienza. Tema "Come renderti la vita facile complicandotela a caso".
Ore 20:45. Scendi e cerchi un ristorante.
Memore del fatto che nella downtown i ristoranti sono nel centro commerciale (come la sera precedente) imbocchi in uno.
Da solo, nel tavolo in fondo.
Ordini a caso e a gesti visto che l'inglese non è cosa.
Ti viene il dubbio che accettino la tua carta di credito e valuti se lavare i piatti dopo un giornata leggera aiuti almeno la circolazione (dei vaffanculo sicuro).
Finisci di mangiare con praticamente i tavoli vicini già apparecchiati per il giorno dopo (ore 21:30).
Esci dal CC e vai in strada.
Shanghai è una versione di light di Singapore.
Le persone camminano non al livello della strada (non solo) ma su ponti pedonali.
Vai a trovare adesso un posto dove chiamare un taxi considerando che chiamarlo per telefono non sarebbe servito molto (solito problema lingua).
Segue una passeggiata di un chilometro per trovare un marciapiede senza transenna.
Ti pisciano in 10.
Uno per caso si ferma e ti chiede più del doppio di quello che hai pagato la sera prima.
Ovviamente neanche pensi di scendere.
Pagamento? contanti con ricevute che sembravano buoni pasto. Vedremo se in nota spese li accetteranno.
Ovviamente visti i tempi compressi in camera d'albergo ti sei messo a lavorare per recuperare qualcosa.
Inutilmente.


L'autore di quanto sopra non ha mai sostenuto che i viaggi siano un qualcosa di rilassante.
Pertanto si astiene dal considerare i perditempo che pensano che la vita debba essere una discesa in bicicletta.
MAINAGIOIA







lunedì 11 aprile 2016

Shanghai la città sopra l'oceano - Giorno 1 - Metti una sera a cena seconda parte

Tolta l'esperienza estetica del viaggiare, piena anche di toccate e fughe spesso frustranti in luoghi da tempo desiderati, i viaggi di lavoro permettono anche di guardare le cose da un diverso punto di vista.
Giornate piene di riunioni dai mille argomenti, di scambi di esperienze lavorative e di formazioni complesse.
Tutte cose che se lette superficialmente possono essere solo boriose.
E lo sono spesso.
Metteteci però essere dall'altra parte del mondo, dove in giro per gli stabilimenti se l'unico occidentale, dove tutti ti guardano in maniera "strana". Beh,insomma, tutto questo ti permette uno scatto ulteriore in avanti, anzichè retrocedere per una presunta difesa autoconservativa.
Fatto il passo, inizi a vedere le sfumature. Gli altri lati delle medaglie di cose che normalmente dai per scontate.
Lentamente ridi, scherzi...e scopri.
Capita sempre piú spesso soprattutto quando sono solo durante i viaggi (stavolta la capa è via per un paio di giorni).
Creare rapporti in posti dove la sola idea della loro grandezza rende ogni individuo piccolo e inutile.
Allora anche nell'immensa e ipertrafficata Shanghai, una sera a cena ti trovi a parlare della vita con chi meno te l'aspetti, con le proprie barriere culturali trasformate in ponti.
Davanti ad una birra, in mezzo a vecchi edifici, sovrastati dal immensi grattacieli.
A noi.
Cin.

domenica 10 aprile 2016

Intermezzo orientale

Giornata di trasferimento.
Dalla splendente Tokyo alla nebbiosa Shanghai.
Mai come in queste situazioni riesci a cogliere la complessità di un mondo che è sempre stato rivolto nella direzione opposta a quella dove vivi tu.
Tante differenze.
Sicuramente l'approccio caotico cinese ha messo a dura prova la tua pazienza.
Per esempio sul volo eri tu, qualche francese e 10000 cinesi urlanti.
Paragonare questo ai sibili dei dialoghi giapponesi rende ogni considerazione relativa.
Un esempio contrario? Shanghai ha una pianta col classico reticolato romano. Devo dire, almeno fin qui (zona Pudong), abbastanza pulita.
Tokyo invece non capisci bene se ha un senso il suo piano regolatore.
In comune hanno questi palazzi con appartamenti da 40 metriquadri in serie. Ovunque.
Se Tokyo spende ed é cara, Shanghai ha il suo mercato del falso.
Le griffe a prezzi completamente stravolti.
Di là negozi sontuosi, di qua negozi nascosti dentro altri negozi. Dove ti chiudono dentro per non farsi trovare.
Come se non si sapesse in realtà.
Sono solo le prime impressioni.
Certo avere il sole coperto per cinque giorni da questo smog influenzerà molto la mia percezione.
Molto più di studi e ragionamenti.
Domani vi parlerò meglio di Shanghai. Almeno per cena avró modo di andare in centro, spero.

sabato 9 aprile 2016

Sotto i ciliegi in fiore - Giorno 3 - State of mind part 2

Qualche tempo fa parlavo di come ci fossero posti nel mondo che fanno parte del tuo immaginario per non avendoli mai visitati fino a quel momento.
New York era l'oggetto di quel post. Per quanto mi riguarda aggiungerei nello stesso posto in classica la città di Tokyo, andando a scavare ben più radicata di tutte le altre
Chi ha visto i cartoni animati negli anni ottanta sa a cosa mi riferisco.
I rumore del treno in arrivo nelle stazioni sopraelevate, i parchi verdissimi pieni di ciliegi in fiore che un alito di vento trasforma in una tempesta di petali, le ragazze in tenuta scolastica o all'ultima moda tanto da essere bellissime, i buffi cartelli pubblicitari lungo le strade, i rituali di buddismo zen carichi di silenzio.
Insomma tutte cose che conosci dentro di te e che cerchi incosciamente dietro ogni angolo.
Ecco, posdo dire tranquillamente che Tokyo la sto riscoprendo. Lentamente e all'improvviso, contemporaneamente. Giro l'angolo e parte una sinapsi neuronali che apre vecchi mondi mai veramente dimenticati.
Fermatevi a riflettere.
Non avreste voglia di fermarvi, la sera dopo il tramonto, al chioschetto sotto la ferrovia, con fuori appese le tendine coi Kanji, per mangiare un caldo ramen insieme ad un goccio di sakè?
Io sì, per seguire le ormai di tanti nostri eroi. Che siano Godai, Kyosuke, Sugar, l'uomo tigre, poco importa.
Magari in attesa di Koycho o Madoka.
Ecco, forse laggiù.
Chissà se...

venerdì 8 aprile 2016

Sotto i ciliegi in fiore - Giorno 2 - Le vie di Tokyo sono...ignote

Conosco tanta gente che si perderebbe pure girando dentro la propria casa.
La cosa ovviamente mi fa abbastanza incazzare ed è forse la cosa che più fatico a comprendere delle persone.
Unita magari ad un atteggiamento di totale abbandono alle mie capacità di farlo. Come si la cosa non fosse per me una fonte di stress. Essere consapovoli di dove si è permette di potersi abbandonare.
Non è un caso che io giri le città un po'a caso, facendomi guidare dalle suggestioni che il posto offre in quel determinato momento. C'è chi la chiama psico-geografia. Lasciarsi guidare dalla testa.
Tokyo è quel tipo di città dove capire dove ci si trova è dannatamente difficile.
Non ci sono cartelli col nome delle vie. Quindi se vuoi andare in posto, punti la mappa e (ti) dici : "voglio andare qua".
Allora parti e metti in conto di non arrivare.
Aggiungete poi le persone generalmente non parlano inglese e se lo fanno passi la metà del tempo a dirti che la esse stranamente si pronuncia sci e cose del genere.
Oggi un appuntamento perso da qualche parte tra due ferrovie e uno scambi di battute con tassista concluso con un teutonico Eine Moment.
Accettato questo rischio Tokyo diventa una sorpresa.
Non chiedete ai passanti un informazione.  Potresti starci a parlare per ore per poi non concludere nulla e lasciarsi con un circostanziato e laconico Arigató.

mercoledì 6 aprile 2016

Sotto i ciliegi in fiore - Giorno 1 - Espiazione e inclusione

Se dovessi pensare ad un posto dove sentirsi allo stesso tempo tanto piccolo e tanto grande mi verrebbe in mente quando si è sopra un aereo, in un volo a lunga percorrenza.
Se poi il volo é mezzo vuoto scopri una strana forma di spirito di soppravivenza: la corsa ad accaparrarsi i posti a 3 per sdraiarti e dormire.
Già così certi viaggi diventano processi di purificaziohe atti a spurgarti dai pensieri spazzatura che popolano la vita di tutti i giorni.
Espiazione e rinascita.
All'insegna della pioggia.
La tua prima esperienza giapponese é la primavera caduca dei ciliegi in fiori, accelerata dalla pioggia.
Tokyo è nuova, tentacolare, moderna. Eppure la prima impressione è di fusione. Anzi di compenetrazione.
Qui gli edifici durano massimi 20anni e si rifanno nella stessa forma.
Strano rapporto col passato. Celebrativo e ingombrante nella sua immutabilità per noi occidentali, liquido ed estetico qui.
Per esempio uscito dall'hotel mi sono trovato dentro un tempio budfista con uno splendido giardino, curatissimo e rigoglioso.
Qui sono molte le situazioni di piena esperienza estetica e sensoriale.
In un contesto che richiama all'opposto scenari alla blade runner (Tokyo è una delle fonti di ispirazione della città del film).
Mi riservo di viverne altre anche per spiegarle meglio.

La cena coi colleghi è stata al solito una bella esperienza di melting pot.
Due italiani, un tedesco, un francese e cinque giapponesi.
Di questi solo noi italiani non viviamo qui.
Si è parlato di sport, Tokyo, Yakuza, Anime (cartoni animati), economia e rivalità storiche coi popoli vicini.
Non ho riscontrato quella famosa riservatezza ma sicuramente molta gentilezza.
Intanto inizio un nuovo giorno intravedendo da lontano il monte Fuji. Bellissimo

lunedì 1 febbraio 2016

Let it snow - Day 8 - Music for the airport

Quando si cambiano 3 aerei coi 4 aeroporti collegati si vede quell'esperienza di estraneazione propria degli apolidi.
Lingue in diffusione che si accavallano, di cui alcune le capisci mentre altre puoi anche non conoscerli.
E vedi tanta gente diversa, in una strana geometria di spostamenti con rette e curve che si intersano prendendo direzioni diverse.
Aggiungete pure che la Terra è un geoide irregolare capite quanto strano deve essere il disegno creato da tutti.
Poi va aggiunto lo spaesamento creato dal fuso orario e dal sonno irregolare.
Tutti in uno stato mentale confuso e sfasato.
Quale musica allora percepire da questo movimento?
Ogni posto in fondo emana le sue vibrazioni con le quali accettare di risuonare.
Allora in aeroporto?
Qualcuno ci ha provato, forse non pienamente riuscendoci.
È essenziale capire che qui il concetto di transito si spinge oltre. Un non luogo affollato. Pieno di desideri e delusioni, saluti e addii.

Comunque queste 4 tappe segnano la fine di un viaggio pieno di tante cose, alcune raccontate, altre tenute per sè.
Ognuna con le sue musiche.
Accompagnandoti fino al prossimo gate.
Ci si sente prossimamente.

domenica 31 gennaio 2016

Let it snow - Day 7 - Suburbia lifestyle

A piedi nudi nel giardino di un subborgo della cittá.
Calma piatta. Splende il sole e si sta bene.
Un piccolo cane insegue una bambina.
Poi ci sono io e molte case a colori pastello sotto un cielo terso, azzurro e immenso. Come fosse un quadro di Hopper, mancante di disperazione ma comunque a suo modo inquietante.
Oggi è il giorno off come direbbero qui.
Si fanno poche cose e si pretende ancor meno di organizzare il tempo.
Lo si perde anzi.
In una piccola gara in piscina o a fare un giro per negozi. Si fanno comunque km. Del resto se qui la stanchezza si misurasse per miglia percorse in macchina saresti già dallo sfasciacarrozze, in attesa di compattatrice.
Quindi nulla di dire?
Sì, nulla.
Del resto per poter correre bene, bisogna prendere fiato.
Anche sulla veranda, immaginando sedia a dondolo in una casa coloniale.

sabato 30 gennaio 2016

Let it snow - Day 6 - Interstate 85

È banale dirlo ma stando fissi in un posto nel globo non si ha il senso delle vertigini.
Questo nuovo ruolo che ricopro a lavoro mi sta spingendo a riconsiderare la percezione del tempo.
Sveglia di mattina presto per andare al lavoro. Inizi con una riunione con persone dall'altra parte stanno per andare al letto o digerendo il pranzo.
Cerchi di mantenere un ritmo regolare coi pasti ma scordi che certe telefonate vanno fatte fino ad una certa ora perchè il fuso è dannatamente bastardo.
Allora cosa si fa per sgravarsi da tutto ciò? Imbocchi la prima statale che trovi e vai verso nord verso una casa famigliare al sole della bible-belt (cinta della bibbia, gli stati di questa zona).
Dovendo considerare tutto, riconsideri te stesso. A momenti alterni e a paesaggi estesi a dismisura. A case basse e una spiccata inclinazione country.
Tu e il tuo fottuto van.
Lungo la Interstate 85.

venerdì 29 gennaio 2016

Let it snow - Day 5 - ... è nelle piccole cose

La particolarità di viaggi come questi è che mi permettono di poter cambiare ambiente e situazione nel giro di un paio d'ore, facendomi immergere in altre situazioni, totalmente diverse da quelle precedenti.
Oggi è stata una giornata di transito.
Sono stato poco nello stabilimento, in Carolina del Sud.
Giusto il tempo di prendere un aereo e mangiare qualcosa, farsi qualche miglia in qualche highway benedetta da Dio (ci sono molti messaggi che te lo ricordano).
Poi, immersi nelle foresta, fare un giro all'interno di uno stabilimento cupo attraverso cui non filtra un raggio solare e il colore della cenere fa da padrone.


Essendo viaggi molto concentrati per tempi ma anche per immersioni, cosa è accaduto oggi di rilevante?
Al solito, dipende da cosa ha valore per ognuno di noi.
Parlando per me, posso dire che oggi, forse più dei giorni scorsi, il concetto di immersione e concentrazione si è esplicitato maggiormente.
Mi spiego.
Praticamente tutto il giorno sono stato insieme ad un collega del sud. Alzataccia e spostamento verso l'aeroporto, successivo viaggio in macchina, giro dello stabilimento e cena con lui e sua moglie, conosciuta per la prima volta.
Venendo dal New Jersey, in piena modalità yankee, sono stato catapultato nel profondo sud rurale, religioso, conservatore e più umano.
Chi mi conosce sa come queste cose tutte insieme creano un corto cirtuito nella mia testa.
Comunque, il ritmo si fa lento, come l'accento di qui del resto.
Candidamente siamo finiti a parlare di politica e religione, di famiglia e di valori, di viaggi ed esperienze.
Il confronto con la sera precedente è inevitabile.
Se ieri mi trovavo calato in un atmosfera nota, familiare in un contesto frenetico e cosmolita, oggi l'ambiente diventa più vero abitato e interpretato attraverso persone conosciute solo superficialmente, in contesti lavorativi o poco più.
Differenze culturale evidenti e allo stesso tempo comuni.
Ad iniziare con un cena fissata alle ore 17.30 (no comment), con una coppia sulla soglia di 40anni di matrimonio che ancora si scambia effusioni per nulla stucchevoli.
A migliaia di km dalla mia vita quotidiana, è inevitabile confrontarsi col percorso che si sta facendo.
Su cosa si sia guadagnato e su cosa si sia perso, cosa manca o cosa si sta dando.
Sul valore e il peso che queste considerazioni devono o vogliono avere sul tuo stato mentale, emozionale e fisico.
Non essendo per me mai stato semplice coniugare le tre cose e farle viaggiare insieme (sacrificandone una in favore di un'altra), stare così lontano permette di arrivare a quei momenti di quiete ed equilibrio tali per cui si riesce a vivere momenti di piccola felicità che affiorano nei momenti e nei contesti che non mi sarei mai immaginato.


Dal resto, la neve che copriva le lande dello stato giardino è svanita, permettendo, qui, di intravedere quei fili d'erba che tra poco cresceranno.
In riva ad un lago, davanti ad una centrale nucleare che, silente, esiste da molto prima di me.

giovedì 28 gennaio 2016

Let it snow - Day 4 - Metti una sera a Manhattan

Come concludere un'intensa giornata lavorativa, piena di confronti e all'insegna degli impegni da prendere per i prossimi mesi? Semplice. Organizzando un bel incontro della tua famiglia allargata sparsa in giro per il mondo. Tra i miei cugini risulta sempre facile devo dire.

Una costante che accompagna i miei viaggi, lavorativi e non, è la possibilità di vedere persone che sono state parte della tua vita, momentanee o durature non importa. Una cosa che ho capito mi fa veramente piacere è potermi confrontare sull'esperienze fatte, in corso o che si stanno intraprendendo.
Servono a mettere dei punti. O magari virgole.
Vanno colte così come succedono. Dandole la giusta importanza.
Quale è? Lo capisci semplicemente facendole accadere e viverle senza nessun obbligo se non quello di esserci, presenti a se stessi.
Non conta troppo la differenza di età o il retroterra culturale.
Sei tu e loro. Quel momento in quello spazio.
E il senso se lo portano con sè.
Sta a te individuarlo.
Se necessario o accessorio.
Basta viverlo.

mercoledì 27 gennaio 2016

Let it snow - Day 3 - I'm in New York state of mind

Questa città è un viaggio nella mente.
Poche al mondo riescono in pochi minuti a tuffarti n uno stato mentale dove si confonde il reale dall'immaginario.
E' geometrica come poche altre. Le strade a scacchiera, i grattacieli di ogni (tri)dimensione.
Aggiungete a questo quadro i 5 sensi messi a dura prova e capite come il cervello vada in crash.
Come in un gioco di simulazione, calateci le persone a migliaia, anch'esse stupite come te da tutto questa concentrazione di sensazioni e vi troverete a condividere un'esperienza unica, fosse anche una foto dove ci sei tu che appare davanti a tutta Times Square.
Dove gli incontri più casuali sono resi possibili perché le persone si lasciando andare allo stesso modo.
Allora ti fai una foto con un passante con cui scambi il favore, contento come te di aver trascorso quei pochi secondi di chiacchiere e di sorrisi.
Oppure al ristorante di Forest Gump becchi una camerieta con cui sei compaesano a più livelli.
Lei di origine italiana proveniente da Pittsburgh, Bloomfield nello specifico, come i tuoi parenti espatriati. Come se non fosse stato  qualche mese fa  proprio lì ad assistere alla parata di Halloween magari insieme senza saperlo. 
Ecco New York è questo. Sono state circa 2 ore stasera.
Intense.
Domani si ripeterà, forse con una rimpatriata tutta italiana transoceanica tra chi si conosce poco o nulla.
E' sarà comunque una bella esperienza.

martedì 26 gennaio 2016

Let it snow - Day 2 - E' un duro lavoro ma a qualcuno tocca farlo

Alla base di molti diari di viaggio scritti qui c'è il motivo di essi.
Tolti quelli che definirei di pure ferie, rimangono quelli legati al lavoro.
Allora com'è lavorare in giro per il mondo?
Premesso che non posso dire di lavorare qui ma piuttosto interfacciarmi con gente che lavora qui.
Gente proveniente da diverse parte nel mondo, ognuno con storie mai raccontate e per questo piccole sfide, mie derivanti dalla mia innata curiosità, che mi si propongono davanti.
Ora, ognuno ha le sue usanze, i suoi approcci che sarebbe pure noioso star ad elencare, ricadendo in preconcetti e luoghi comuni più o meno veritieri.
Cercando di rifuggire da essi (ringraziando chi ha viaggiato spesso con me avendomi insegnato il valore del mettersi ad ascoltare anche il soffio del vento se necessario), parto in modalità osservatore.
Mano a mano che progredisco in questa carriera globale (c'ho messo anni per arrivare ad una dimensione che sento mia) affino le capacità e noto le aree di miglioramento.
Da italiano medio (e in questo, ahimè, devo definirmi) sono partito in passato col complesso di inferiorità. Devo dire ben radicato e di difficile rimozione.
Nelle riunioni, tacevo per quieto vivere, creando miti irraggiungibili nei colleghi con cui mi interfacciavo. Alla fine anche ne pagavo le conseguenze. In pratica il prioprio valore e contribuito era minimo e quindi diventavi uno del pubblico.
Essendo di coccio, ci sono volute un po' di tranvate da prendere per fare qualche passo in avanti.
Anche perchè ci si scontra con un arrivismo diverso dal modello conosciuto, cioè quello italiano.
Se da noi il furbo va avanti in una società non strettamente competitiva come la nostra ma piuttosto assistenziale, qui la concorrenza c'è soprattutto in tempo di crisi quando non si è sicuri del proprio posto di lavoro (non sto a dire come in America le persone cambino lavoro molto facilmente e i contratti fatti e rescissi in poco tempo).
Caldamente invitato quindi a vendermi e andando a raccogliere energie che non pensavo di avere, sto tentando l'approccio decisamente più proattivo, non facendomi "rubare" le competenze.
E' bene dire che qui vere amicizie tra i colleghi sono molto rare perchè non si sa mai se un giorno ti troverai a competere per un posto o lincenziare qualche collega.
L'ambientazione di questa gara verso un vincitore è quella di riunioni ben organizzate, pacifiche, dove quasi far rumore viene visto come qualcosa di sconveniente.
Qui devi lavorare e non ci sono altre cose da pensare.
Mangi in scrivania e non fai pause caffè.
Saluti tutti, scambi due chiacchiere, un paio di battute innocue e ci si rivede in giro.
Se tutto ciò può sembrare strano, magari anche triste, va detto che va inquadrato in una società diversa dalla nostra.
Quella che definirei basata sul capitalismo più sfrenato. Con cui si deve fare i conti, sempre.
Scegliere di farne parte o meno. "Performare" o vivere.
Personalmente, ho sempre avuto un atteggiamento critico a riguardo. Non di completa esclusione poiché da sempre non ho mai pensato di vivere fuori da questo sistema.
Ne faccio parte anche con le mie personali eccezioni che mi tengo strette.
Onestamente, adoro questi viaggi proprio perché, oltre ad aprirmi riflessioni come questa, mi permettono di venire a capo con parte dei miei principi e a ridiscuterli se necessario.


In finale posso dire che per me ogni viaggio è una piccola esplorazione che faccio nel mondo e in contemporanea dentro di me.
Quindi ho sempre cercato di evitare di definirli vacanze o obblighi.
Piuttosto opportunità o, per essere più poetico, esplorazioni.
Perchè sono sempre presente a me stesso, solo in un assetto diverso.

lunedì 25 gennaio 2016

Let it snow - Day 1 - Quando scende il bianco, solo le strade ti segnano la via

Sono di casa qui oramai.
Ora, non per essere arrogante, ma posso dire che ormai questa zona mi è parecchio nota.
Sarà la terza o quarta volta in pochi anni ed è stato quasi sempre il primo impatto che ho avuto con gli USA finora.
Beh, vedere da lontano New York riempie sempre il cuore di emozioni.
Da una prospettiva distorta.
Vedete, da lontano e dal basso dello stato giardino, dall'altra parte dell'Hudson comincia l'America.
Quella vera.
Ed è piatta, piena di strade che si incrociano, con molteplici corsie.
Coperta dalla neve, rende ancora di più quel senso di grande, immenso, sconfinato territorio.
Insomma, inizia un concetto, uno stato della mente che anche se non ci sei mai stato, lo hai metabolizzato da piccolo, tassello dopo tassello.
Qualcosa che sai di sapere ma che non conosci con l'esperienza diretta.


Stavolta la neve dopo la bufera rende tutto più dilatato, se possibile.
Ti capita quindi di fare la superstrada senza molto traffico, con banchi di neve ai lati che sembrano voler riconquistare la carreggiata persa per colpa di qualcuno armato di sale e spazzaneve.
Il caso vuole che il tuo autista ti dica che sta scrivendo un nuovo libro di fotografie.
Tema: la statale chiamata Pennsylvania Turnpike e la sua storia, facente parte di un progetto più grande sulle strade d'America.
Ascolti i suoi racconti mentre guardi ponti, rampe e viadotti che scorrono intorno a te.
Subito ti viene da pensare al diverso concetto di storia che ogni popolo vive e conserva.
Se in Italia ogni angolo, anche di un paesino sperduto nell'appennino, ha una storia (e fidatevi, per esperienza dirette pochi metri posso cambiare i toponimi geografici fissati da generazioni di contadini), a cui è quasi difficile sfuggire, qui invece interi quadranti aspettano di essere raccontati.
Ma per arrivarci devi percorrere strade, macinando km, perchè la città più vicina dista sempre quelle 2/3 ore di guida, persi nella ripetizione ossessiva di un pittore paesaggista alle prime armi.
Ecco, per raccontare certe cose ti serve aver in mente la cartina geografica e capisci che per iniziare un'avventura devi prima sapere su che strada sei.
Perchè può fare la differenza, andando a dilatare il proprio stato mentale.