domenica 30 marzo 2014

[Perfida Albione day one] deep in the countryside

Di nuovo in giro.
Immerso nella campagna inglese.
Albergo nel paesino sperduto poco lontano dal Galles.
Stavolta in compagnia del collega con un'idea vaga di quello che si andrà a fare.
La campagna inglese è rilassante. Tranquilla.
Forse troppo per viverci.
La cosa bella di questi viaggi nei vari stabilmenti è che ti permettono di entrare dentro il paese. Lontano dalle grandi città. Magari entrando in contatto con una verità più consistente.
Ne parliamo domani.
Intanto penso alla mia vicina di posto in aereo che beveva allegramente il suo gin tonic . Perché giustamente durante il volo devi saperti trattare bene

domenica 23 marzo 2014

[ Trasferta ammericana day eight] Comeback home

Situazioni strane.
Sul treno uno credo di origini slave si guarda Beatiful sullo smartphone.
Va beh.

I newyorchesi hanno qualche problema con le porte. Una fatica ad aprirle, che siamo degli autobus o dei negozi. Rischi la decapitazione se non ti sbrighi. E non era solo colpa del mio problema nel leggere ed interpretare il verso.

Alla fine quindi?
Quindi per me New York è un problema.
Ti inganna con le sue strade in croce numerate, facili da capire tanto da farti pensare che ci vuole poco a fare un paio di avenue e una decina di Street. Tanto che a fine giornata hai camminato chilometri.
Mancherebbe un appoggio qui che ti facesse conoscere la città da abitante ma va beh.
Intanto la pisantata bellissima a teatro me la sono vista. Ah ah ah. Anzi AH AH AH.

Pippa del giorno. Tutti questi grattacieli sono abitati o sono vuoti? Cioè pure a brooklyn ne ho visti settantordoci in costruzione. Va beh 9 milioni di abitanti ma servono veramente.

Brooklyn più rilassante di manhattan ma mi sono perso per cercare un mercato delle pulci che di inverno ovviamente spostano in un'altra galassia.

Comunque qui ci si deve venire preparati, agguerriti e pure un po'ricchi.
Per dire io no.
E a stento ne sono uscito.

Semplicemente ciao NYC.

sabato 22 marzo 2014

[Trasferta ammericana day seven] All'improvviso una serata a teatro

New York ti sfinisce.
Ti inonda.
Ti strega.
E ti fa sognare col teatro.
Ovviamente ho beccato una recitazione in puro stile british e non ho capito molto.
Quei due sono due mostri e ha comunque meritato.

Ho camminato tanto. Ho visto tante cose come gente che sull'autobus porta specchi enorme e porte per metterle nei propri appartamenti.

Ho visto negozi, sopraelevate rese parchi.
C'è tanto da dire ma anche no.
Sono stancherrimo.
Ora dormo che domani valigia, ultimi giri e poi si torna. Non dormirò per un bel po'.

giovedì 20 marzo 2014

[Trasferta ammericana day six] Girando per il New Jersey...

...si incontrano vecchie conoscenze.
Colleghi visti tempo fa, magari ad un'allegra cena di lavoro.
Il bello è che si ricordano, sono gentili con te.
In qualche modo ti senti parte di un gruppo di cui spesso ignori di far parte.
Parli col superboss (alto almeno settandorci metri) in una atmosfera rilassato.

Qui negli uffici regna il silenzio anche sono immensi open space.
Anche se hai molto da fare non c'è l'ansia che ti cala come una scimmia sulle spalle.

Poi le cose strane.
Nei bagni ti spiegano come lavarti le mani bene, con visual aid ed altro.

Sapendo che sei italiano, la prima cosa che ti chiedono è se vuoi un caffè "vero", fatto con l'espresso.
Tu accetti ma ben sai cosa accadrà.
Oggi è arrivata la tazzina, colma come non mai col caffè un po' bruciacchiato.

non parliamo dei millegustituttiinsieme dei loro piatti.
Io qui non ho molta fame forse perché se ne mangi un boccone il tuo fegato urla di non fare altro.
E' vero, puoi scegliere altro ed infatti una cena l'ho fatta solo con la frutta.
Non vi parlo di lavoro perché sarebbe noioso perché oggi mi hanno spiegato (un'italiana) come loro sin da piccoli siano preparati a tenere discorsi/dibattiti in pubblico.
Difficile vedere contrasti di tipo umorali.
Le riunioni procedono tranquillamente e l'aggressività è bandita.
Non è perché non esiste ma semplicemente le cose devono procedere nel modo più efficace possibile.
Tanto poi hai tempo di sfogarti parlando di football o del tempo.

C'è da dire che si respira un'altra aria e non è poco.

Domani si torna a New York e forse ci saranno altri momenti carramba.
Olè.

[Trasferta ammericana day five] una cena che può durare tre ore

Giornata di fine workshop. Progetto complesso. È stata dura. Forse troppa roba da conoscere.
Torno in albergo spompato. Non ho fame.
Visto che piove non si esce. Così io e Nancy, la collega cinese, rimaniamo a cena in albergo.
Beh dura tre ore e parliamo di molte cose. Del suo paese, del mio, di come i punti di vista siano diversi. Qualche risata.
Viaggiare per lavoro ti permette se vuoi di conoscere un sacco di cose.
Certo gli alberghi sono luoghi di nessuno ( Paris il tuo hotel non è cool) ma essere cacciati dal ristorante perché si è fatto tardi è impagabile.
Vuole dire che il tempo ha sempre un suo valore.
Se sia economico o umano sta a noi la scelta.

mercoledì 19 marzo 2014

[ Trasferta ammericana day four] Essere Global e anche glocal

Sarò breve.
Giornata lunga di riunioni dove la propria visione del mondo si allarga e rischi di cadere. Opportunità, rischi, scenari, persone.
La cena in riva all'hudson con vista New York parlando di tante cose. Pensieri di vario tipo nell'ombellico del mondo.
Poi tornando a casa vedi la luna spostarsi ed attraversare la Freedom Tower e rimani scioccato.
Sto cominciando a pensare in inglese e a capire tutto.
Essere al centro ti fa definire i confini. O almeno a rendere la potenzialità un arma da usare per ricentrarti.
È il solito mio terzo giorno. Passati i due di adattamento le cose risultano più liscie. Poi chissà...

martedì 18 marzo 2014

Trasferta ammerricana Day Three] C'erano un ammericano del sud, una cinese ed un italiano...

Primo giorno di sessione meeting a livello globale.
Devo dire che i primi giorni sono tosti in termini di immersione con l'inglese.
Mille argomenti di cui parlare, un sacco di aspetti per cui ne sono molto poco.
Ho mangiato un ignobile pizza per pranzo e sofferto il freddo in una sala riunioni prossima monita di aria condizionata fredda non modificabile.

Finite le lamentele ho al solito brillato nella conversazione a cena, composta dai membri in oggetto.
Prima un ovvio passaggio da Macy's giusto perchè oggi il Mall non poteva mancare nella schedule.

Ah, il locale della cena era un "classico" locale delle Bahamas.
Tipico direi.
Certo che puoi essere dappertutto e rimanere nello stesso posto qui negli States.

Tra le figure da solito italiano, ho scoperto l'anima repubblicana del sud e una visione cinese della democrazia.
C'è poco da fare. Queste sono le cose che validano i viaggi e la gente che conosci nel mondo.
Avere un'istantanea di come accadono le cose agli altri senza esserne implicato, prendendo solo quello che si riceve e che si vuole dare.
A prescindere se siano viaggi di lavoro o di piacere.

Rendersi conto di cosa ci separa dal resto e cosa ci accomuna.
Mi fa sentire cittadino del mondo e devo dire anche tremendamente italiano.
Spesso lo sento come una colpa atavica, qualcosa di irrisolto. Ha comunque un suo valore intrinseco.
Bello perché vero e profondo.

Domani altri meeting e poi cenone in riva all'Hudson con vista Manhattan.
Che detto così suona figo.
E lo è.

lunedì 17 marzo 2014

[Trasferta ammerricana Day Two] Giornata a Nuova Yorke

Ho le gambe a pezzi.

In sostanza potrei finirla qua visto che riassume cosa comporta questa città.

Procedo per punti così viene più facile.
Forse.

Clima/spostamenti:
fa un cazzo di freddo nonostante il sole.
Domenica mattina alle 9 non c'è nessuno per strada tanto che le papere attraversano la strada.
Non sto scherzando.
Credo di avere una foto da qualche parte

Harlem/Gospel:
Un sapore di vaga pericolositàchefu.
Ora solo ricordi e poco momevimento.
Alla messa battista di una piccola chiesa, assisto anche al coro.
Eravamo io e altri cento turisti, pochi neri (ed in questo caso va specificato).
Bel coro, messa alla maniera battista con la sacerdotessa.
Ad un certo punto scatta anche il balletto in bianco in mezzo ai fedeli (direi pochi battisti, neanche molto coinvolti nell'unirsi al canto se non due/tre signore).
Da cattolico, ho sempre distorto la manifestazione della fede di altre confessioni cristiane.
Certo è che, al di là dello spettacolo offerto ai turisti (opportunamente ringraziati e benedetti), mi viene da pensare a come la fede possa essere declinata in molte maniere, non meno valide.

Central Park:

altri punti visti, più o meno camminato tutto il camminabile.
D'inverno non è verde. Perde la rigogliosità che ho visto.
Certo di domenica diventa un luogo di pace.

Metropolitan:
Louvre, British M e musei vaticani sono più ordinati.
Qui c'è tutto e basta che sbagli una sala passando dalle pitture ai vestiti.
Immenso, bello e straniante. Va visto a tappe e con tanta forza in gamba.
Comprato un poster.
Passato solo un secondo al Guggenheim, tanto per comprare altro poster.

In giro:

Abbandonata la metropolitana (qui anche le stazione ferroviarie sono sottoterra), sono passato agli autobus.
Vista Gran Station, sono tornato a Time Square dove veramente vieni risucchiato, tu portatore di carta di credito.
Il valore dei soldi torna spesso in mente quando giri per questa città.
Non solo per lo shopping s'intende, che ti rende necessaria qualsiasi cosa che non lo è.
Mi sono chiesto svariate volte quanto potrebbe costare mantenerla, con tutto quello che si vede e non si vede.
Pensando al Tai Chi, qui c'è tanto in aggiunta, in eccesso che rischi di perdere la testa per l'essenziale.
E' efficiente e complessa come nessun'altra. Solo che non ti lascia tempo per sedimentare.

Ci torno venerdì e sabato.


domenica 16 marzo 2014

[Trasferta ammerricana Day One] Arrivo in New Jersey

Ogni partenza denota uno stacco con la routine.
Azzeri. Spegni. Parti.
Non parlo di vacanza perché questa non lo è, almeno non nel senso assoluto.
Capita poi di farla da solo e prende un'altra valenza.
Otto ore di volo ti allontano fisicamente da molte cose.
C'è di mezzo poi un oceano.
Ed infatti alla vista della terra ferma capisci di essere da un'altra parte.
Vedi Long Island, gli Hamptons, le isole.
Ordine, spazio, ripetitività.
Alla dogana durante una fila immensa pensavo agli immigrati dei secoli scorsi e a quelli attuali.
Che tipo di pensieri facevano chi magari aveva abbandonato il paesello.
C'ho pensato perchè in aeroporto ci sono stato quasi un'ora per poi finalmente uscire e farmi un bel pezzo di Brooklyn, Staten Island e New Jersey.
Questa è la terza volta che arrivo negli States e al JFK anche di più.
L'autista della macchina mi racconta della crisi che ha colpito parecchio pure qua. Di come abbia cambiato lavoro e perso un sacco di anni di esperienza nel suo lavoro precedente per fare questo.
Parliamo di viaggi e mi rendo conto di quanto tanta vastità geografica renda il resto confuso e irraggiungibile.
Mi è parso di vedere scoramento nelle sue parole.
Anche qui, nella terra della libertà, a speranze non è che siamo messi bene.
Arrivo in albergo e scopro che il mio adattatore non va bene per il laptop.
Me lo dovevo ricordare perchè già mi era successo due anni fa.
Grazie al personale dell'hotel mi faccio accompagnare ad un centro commerciale (ovviamente andare a piedi neanche può essere considerato), lo stesso dove sono andato al cinema due anni fa a vedere un film trashone.
Che dire, come le cose ritornano.
E' sabato, c'è un casino di gente che gira.
Come ovunque, nei centri commerciali.

Sono diventato un incubo per quelli dell'hotel. diecimila domande.
Hanno avuto pietà di me.

Mi rendo conto che ho scritto un po' di cose a caso. Sono sfasato. Non solo per il fuso e la stanchezza del viaggio.
Ho bisogno di risettarmi e cominciare a parlare decentemente.
Un po' di sano "lentismo" americano.

Si comincia...