sabato 27 maggio 2017

Oggi non è piovuto a New York City - Giorno 5

Ogni volta che vado via da questa città, rimane forte la sensazione di aver mancato qualcosa.
Può riferirsi a tante cose: un quartiere lontano, un negozio meritevole e magari qualche personaggio.
Allora te vai sapendo che recupererai la prossima volta.
In quel mix di passato e presente che questa città ti sbatte in faccia.
Oggi sono stato sulla one world tower ed è inevitabile pensare che l'elaborazione del lutto passa anche per la trasformazione in un luogo turistico di quello che è stato un luogo del dolore.
Quelle due piscine comunque esprimono molto bene il vuoto che questa città ha subito. E si va avanti.
Adesso sono ad un bar dell'aeroporto ed esco da una conversazione piacevole e casuale con una ragazza seduta accanto a me.
E penso a come questa cosa sia successa in maniera naturale come uno dei millemila film visti.
Ecco, sta tutto qui lo spirito di un paese che non ha radici proprie: la capacità di creare nuovi connessioni tra persone diversissime davanti ad un po'di alcool e scambiando qualche piccolo sogno.

Ah, oggi ho preso un taxi facilmente. E New York vista da lì non ha rivali!

venerdì 26 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 4

Mezza giornata di riunioni e poi...liberi tutti.
Peccato, piove in maniera così disturbante da rendere difficile anche fare 100 metri con una valigia carica di pesi addizionali non indifferenti.
Sì perchè ne porto due di cristalli, mica uno. Anche quello della capa.
Valigia che raggiunge tranquillamente i 25/26 kg.
Ho un problema irrisolvibile.
Si chiama l'impossibilità di concepire uno spazio vuoto in una valigia.
È il regno del "non sia mai che", credo di stretta derivazione paesana.
Stavolta però qualcuno mi suggerisce di spedire con un corriere tutto questo cristallo.
Quindi magicamente sparisce il peso e la mai supita ansia da imbarco.
Messo da parte l'aereo, vuoi che non mi sia complicato la vita con un altro mezzo di trasporto?
No, con due.
In New Jersey esistono, in particolare, due compagnie di treni per Manhattan.
Beh, ovviamente ho sbagliato a prendere un treno avendo pagato esclusivamente per l'altro.
Da notificare la rigidità e la poca gentilezza del controllore nel farcelo notare. Americani sempre assai flessibili direi ma soprattutto affatto gentili.
Avendo perso altri 5 dollari, insieme alla svampita cinese mia compagna di ventura raggiungiamo l'albergo e suboto dopo pronti a girare.
Volete sapere una cosa?
La leggenda metropolitana che non si trovi un taxi libero a Manhattan è vera.
Svariati ettolitri di acqua addosso dopo riusciamo nell'impresa a farci un giro tra Central Park e Greenwich Village, godendo finalmente di questa città caotica e veramente poliedrica.
Un grande giocattolo perverso, pieno di suggestioni animate.
Domani si continua

giovedì 25 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 3

Oggi è stato uno di quei giorni in cui ricevi i riconoscimenti del proprio lavoro svolto.
C'è stata la sessione fotografica, la consegna del premio e la cena con sala dedicata nel ristorante lungo l'Hudson con vista su Midtown Manhattan che oramai conosco molto bene.
Ad essere onesti, uno come me ha sempre sofferto queste cose.
Sapete, essere al centro dell'attenzione non per cose divertenti o prese un giro ma in occasioni più serie o, meglio, in cui viene apprezzato il proprio valore.
E lo si capisce nella modalità che uso nell'affrontarle: minimizzandole e facendole passare come sciocchezze o cose per cui non perdere troppo tempo.
I motivi? Molteplici. Noti o inconsci.
Allora me lo dico e lo scrivo qui per ricordarlo.
A me stesso, usando chi legge come testimone e memoria per i momenti futuri.
Sono stato bravo e mi hanno premiato per questo. Perchè so lavorare in gruppo, costruendolo insieme. In poco tempo e in manuera efficace portando risultati. Rimanendo lì, non mollando facilmente.
Non è banale.
Non è scontato.
Non è da sottovalutare.
È una cosa reale.
Ed è mia.
Stasera a cena insieme a tutto il gruppo e ai grandi capi è stato bello sentirselo dire e non avere per fortuna la possibilità di limitarlo.
Mi tocca venire a New York per togliermi questo vizio e sapermi gustare quella pacca sulla spalla.

Sono contento.

mercoledì 24 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 2

Stasera a cena, ho faticato a mantenere l'attenzione sulla conversazione.
Erano solo le sei del pomeriggio ma sembrava come se fosse appena trascorsa una giornata di 20 ore.
Una giornata piena di saliscendi ansiolitici sul lavoro futuro da fare e su come organizzarlo.
Tutto questo per spiegare lo stato psicofisico in cui versavo mentre mi astraevo dell'ennesimo discorso organizzativo intrapreso di cui non avevo capito nulla.
Ora, avete presente quando ti poggi sullo schienale e cominci a guardarti intorno, immergendoti in una simil-bolla spazio temporale?
Badate che non è sempre possibile farlo.
Servono incapacità di focalizzarsi su un discorso facilitato dall'uso di una lingua non tua e argomenti di cui sai di non poter essere alcun modo partecipe.
Non necessariamente una cattiva compagnia ma sufficientemente distante.
Arrivare a questo stato ti permette molte cose oltre a desiderare un letto per farti una dormita.
A me capita di realizzare propriamente dove mi trovo e posizionarmi in esso.
Detto così sembra essere molto da sega mentale ma nella pratica non lo è.
Sono a cena in un ristorante americano. Grossi finestroni, macchine che sfrecciano sul fondo, cameriera dedicata al tavolo, distanza opportuna tra i commensali, poche urla e un rumore di fondo non disturbante. Ogni sera qualcuno festeggia il proprio compleanno con un piccolo dolce e annessa candelina. Puó capitare che i camerieri cantino gli auguri in cori. Molta gente sola cena vicino a te.
Molto probabilmente il cibo che stai mangiando non è specifico o tipici di quella zona. Tutto è cordiale. Ognuno ha il suo posto nel contesto.
Come oggi nelle riunioni. Quello che in qualche modo sfugge nel grande disegno, credo, è la variabile impazzita che fa a capo al concetto di onda travolgente del caos.
E la cosa a me era divenuta evidente confrontando la mia reazione alla lettura delle email provenienti dall'Italia e alla modalità di approccio alle problematiche globali di cui si discuteva.
Senza la necessità di esprimere un giudizio in merito, mi rimane una strana sensazione addosso, riconducibile ad una sola considerazione: dove si nascondono le variabili impazzite? dov'è il caos? Quale è il suo reale potere sul nostro comportamento? Come mi relaziono io che provengo da una cultura spesso molto differente?
Avere questo tipo di momenti in un viaggio, una sorta di lucidità contemplativa,  credo sia un qualcosa che vada valorizzato per permettere di collocarsi nel mondo opportunamente e coscientemente.
Non ho mai creduto che puntare il dito ed ergersi a giudice aiuti qualcuno, soprattutto se in ultima analisi si può essere nella direzione indicata dal dito stesso.

martedì 23 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 1

Eccomi di nuovo qui, dopo l'ennesima errore nella scelta dell'aeroporto e del mezzo di trasferimento all'hotel.

Piove.
Non credo di aver mai attraversato questa parte senza la compagnia della pioggia.
Qui vicino c'è l'oceano, lo vedrò di lì a poco.
Suscita uno strano fascino in me quest'atmosfera.
I vetri sporchi, l'erba dei giardini, il nero dell'asfalto e i grigi dei pali e dei piloni, quei mattoncini rossi.
Non importa troppo se si è nel Queens o a Brooklyn o a Staten Island.
Si ripete sempre la stessa scena: queste immagini si susseguono mentre sei in ascolto della storia complessissima di un tassista russo.
Che ha vissuto praticamente ovunque e che ora fa il pompiere e anche il tassista. Chiaro no?
Senza dover tirare in ballo concetti complessissimi, la vera forza e bellezza di questa zona dell'America sta nella possibilità di poter incontrare un sacco di gente differente, con mille storie da raccontare.
E basta a volte sedere al bancone di un bar e chiedere da bere.
Il resto viene dopo.
Tenete le orecchie in allerta.