lunedì 19 gennaio 2015

Sacro e profano

Ci sono cose intoccabili per te.
Una ferita sanguinante, banalmente.
O un ambito per te irrisolto o irrisolvibile.
Ti sei chiesto, tanto ultimamente, cosa ti reca offesa.
Nonostante cerchi di essere razionale e oggettivo, non ci prendiamo in giro, ci sono cose che ti fanno male e odi quando qualcuno o qualcosa le colpiscono lasciandoti inerme.
E' qualcosa che impariamo già fin da piccoli, coi genitori o gli amici dell'infanzia.
Cosa ti offende?
Spesso può essere qualcosa di non risolto.
Con te stesso e quindi anche con gli altri.
Oppure di irrisolvibile come il rapporto col sacro.
In quanto tale, è qualcosa che esula dalla tua piena comprensione.
Solo un atto di fede.
Qualcosa che decidi che sia così, vicino alla tua visione del mondo ma quasi mai costante e palpabile.
Sfugge e cercando di inseguirlo, lo imbrigli in una struttura riconoscibile.
Spesso questo atto di fede si esprime in una religione.
Questa struttura per sostenersi richiede fatica e va manutenuta.
Difesa perché sei un essere cangiante e a volte ti senti spinto verso altro.
Per riconoscerti hai bisogno del tuo riferimento, per capire dove sei e dove stai andando.
Soprattutto come ti senti.

Fin dall'antichità, i greci riconoscevano la potenza degli dei e del fato.
Il concetto di sacro ce lo hanno dato loro.
Li temevano.

Per questa cosa immensa avevano introdotto anche una società.
Imperfetta perché fatta di molte singolarità relative.
Che si dava delle regole tramite il diritto.
Una di queste era la possibilità di fare satira.
Pensavo ad Aristofane.
Non era una mera presa in giro della religione ma la loro necessità di darsi un punto di vista per capire dove erano e dove stavano andando.
Il sacro non era inviolabile ma solo inspiegabile.
Sapevano che era un strumento utile per se stessi.
Sapevano anche che non equivaleva ad una mera offesa.
Per quella c'erano e ci sono tutt'oggi regole che accettiamo di rispettare nel momento che rimaniamo in società
La legge e la libertà di espressione camminano insieme.
Hanno introdotto la responsabilità.

Oggi ti chiedi se ti senti offeso da certe esternazioni.
Sì, per molte più di quelle che ti vuoi ammettere a te stesso, per quanto tu voglia essere "illuminato".
Ti incazzi perché essere sbeffeggiato ti rende debole, inerme e pieno di rancore.

Se ti senti offeso, hai il diritto di ricorrere alla legge che la società ti ha costruito intorno per tutelare la critica dalla becera calunnia.

La satira per me fa altro.
E' un'arma del debole contro il potente.
Un modo per parlare del sacro (che è un costrutto astratto), per riflettere su di noi.
E il sacro va sempre affrontato, mai recintato, in una continua ridefinizione.
Chi, in suo nome, commette atti contro le persone, confonde due piani diversi.
Quello della definizione dei limiti (il sacro) e quello che siamo (la società).
Personalmente propenderei per il secondo, in continua ridefinizione del primo.