lunedì 16 ottobre 2017

[Pura Vida in Costa Rica] Corcovado - 8°41'34.9"N 83°39'40.7"W - Paradiso Terrestre

C'è stato un sogno ricorrente, poco prima di partire. Quando da pochissimo c'era stata la decisione di andare in Costa Rica.
In quest'immagine, di pochi secondi, inquadrata da dietro le spalle, correvo nella foresta.
Non era una fuga ma piuttosto la volontà di arrivare verso un traguardo.
Durante la corsa si univano altre persone, immagino i miei futuri, possibili compagni di viaggio.
Mentre l'ipotetica regia alzava la telecamera verso l'altro, si vedeva spuntare tra gli alberi la spiaggia e poi il mare.
Persone che ormai assomigliano a formiche correva in questa spiaggia deserta, illuminata sole con un mare che lentamente diventava oceano.
Un immagine chiara, di estrema libertà, carica di energia, dove però non succedeva nulla se non la necessità di arrivare lì.

Quando ero sulla lancia che ci portava nella baia di Drake, dopo aver superato il fiume Sierpe e il suo turbolento estuario, quel ricordo è tornato alla mente.
Complice un motivetto inventato che mi ronzava in testa, ad un certo punto davanti ai miei occhi arriva quella luce.
Una baia, con qualche promontorio a cingerla, di un verde lussureggiante. E' quell'ora del giorno che arriva prima del tramonto.
Ci sono nubi ma non sono nere. Tutto è colore e lo è in un modo maledettamente perfetto.
Non è successo nulla ma quella sensazione ritorna stavolta nella realtà.
Immaginate cosa voglia dire sbarcare sulla spiaggia, scendendo coi propri piedi in acqua e andare incontro a quel paradiso. Vedendo in alto volare are e tucani e avendo la possibilità di dormire immerso in quel paradiso.

Il Corcovado è uno stato della mente ai confini del mondo. Difficile da raggiungere ma non impossibile. Stranamente immacolato ma tremendamente splendido.
Immagino che uno di quei portali che ho sempre immaginato con il mondo trascendente sia da quelle parti.
Dove l'acqua incontra la terra che incontra l'aria che incontra di nuovo l'acqua. Dove io, e non solo, ho avuto la possibilità di poter oscillare tra questi mondi, nuotando sul loro confine, in un equilibrio mutevole e proprio per questo unico.
Lo spruzzo di una balena o il salto di un delfino, un sgraziato gracchiare di un'ara o la piccola invasione di coati.
Boh, ci ho messo un po' a chiudere il diario di questo viaggio perché quella sensazione non è facile da descrivere.
Come tutto, quei pochi giorni sono finiti e il finale è anch'esso splendido.
Sempre la stessa lancia, presa direttamente dalla spiaggia, sotto la pioggia tropicale.
Mentre cercavo di elaborare quanto vissuto (con una fatica madornale) vengo interrotto da un'immagine devastante.
All'orizzonte una striscia di nuvole rovescia la sua acqua in eccesso,  creando un gioco di linee mutevoli, rendendo difficile capire dove finisca il cielo ed inizi l'oceano.
Non che la cosa poi fosse di così vitale importanza ma abbastanza da togliere il fiato.

Pura Vida










domenica 1 ottobre 2017

[Pura Vida in Costa Rica] Altipiani Centrali, Turrialba - 9°54'19.0"N 83°41'14.6"W - Acque Dolci

E' stato un attimo.
Non ho capito bene come sia successo.
Prima la luce, poi un buio improvviso.
Dove sono?
Brevissimi istanti.
Poi si riemerge.
Sono in mezzo al fiume. Caduto in acqua.
Intorno sembra non esserci nessuno.
Ne il gommone, ne i compagni di viaggio.
Solo una rapida che si allontana e sono alla deriva.
Quindi...lasciamoci trascinare.

La prima caduta in acqua è una strana esperienza. Che sia voluta, come scherzo del conducente del gommone che aveva programmato di ribaltarlo con tutti noi a bordo, o che capiti perché l'equilibrio è sempre un concetto molto relativo.
Sei lì, a fare rafting e lo scopo sarebbe non cadere in acqua nonostante le molteplici rapide che incontri sembrerebbero volerti accogliere e risucchiare.
Sarebbe...perché quando riemergi dopo un inaspettato tuffo a seguito di una caduta ti rendi conto che in fondo cadere non è poi così...male.
Una più chiara sensazione arriva qualche ora dopo quando il fiume si calma e passa attraverso una gola stretta e ci dicono di tuffarci e nuota per un breve atto.
Boh.
Sarà perchè nuoto male e sono rimasto indietro, aiutato comunque da un salvagente.
Sarà che sei in mezzo al flusso di quella torbida acqua dolce e sopra di te vedi ponti, alberi, animale.
Sarà tante cose, alcune difficilmente spiegabili.
Allora ti lasci andare fino a realizzare che puoi toccare il fondo coi piedi e allo stesso tempo sentire tra le gambe che l'acqua continua ad andare per conto suo.
Non lo so.
Per me anche questo è semplicemente meraviglioso.




mercoledì 27 settembre 2017

[Pura Vida in Costa Rica] Altipiani Centrali, Monteverde - 10°16'25.3"N 84°49'15.2"W - Nel vuoto

Ho sognato di rimanere sospeso nel vuoto su una grossa voragine.
Un enorme cratere della Terra.
Appeso su un cavo d'acciaio che doveva permettermi di oltrepassarlo ma che sfortunatamente mi ha fermato proprio al centro.
Quel senso di vuoto mi ha fatto risvegliare.
Ha influenzato il mio rapporto col suolo per qualche giorno.

Non è la prima volta.
Il mio rapporto con le altezze è molto semplice.
Mi danno fastidio. Fortunatamente senza malori ma posso dire tranquillamente che i miei incubi si ambientano comodamente dentro edifici alti e pericolanti.

A questa apparente, saggia consapevolezza sono solito sommare la cocciutaggine e quel senso di sfida che in qualche strano modo si monta e mi fa fare così da cui dovrei tenermi lontano.

Perfetto.

Sono su una zipline. Un cavo di acciaio, qualche imbragatura e parecchi metri che separano una piattaforma dall'altra, nel vuoto.
A quasi 40 metri da terra, con in mezzo alberi alti 20.
Sono fermo.
La discesa lungo il cavo si è arrestata a circa 20 metri dalla piattaforma.
La colpa ovviamente è mia.
Mi sono buttato nel vuoto ma non fino in fondo. Quindi ho frenato troppo.
Alzo lo sguardo e vedo i miei compagni di viaggio che mi incitano a girarmi e a trascinarmi verso di loro usando le mani aggrappate al cavo.
Ed io...fatico a capire.
Provo a raccogliere le idee.
Pochissimi secondi prima avevo la bocca aperta piena di stupore.
Guardavo il mondo da una prospettiva diversa.
Avevo scelto di non mantenere i piedi per terra.
Troppo spesso me lo hanno detto.
E' stupendo ed inquietante allo stesso tempo.
Quindi che faccio?
Dilemma di pochi, intensissimi istanti.


Poi esci fuori un sorriso.
Alzo le mani.
Mi giro e comincio a trascinarmi verso la destinazione.

Quel sorriso rimarrà stranamente stampato sul mio viso per il resto della giornata.




Poi scopro che dopo ci sarà bisogno di lanciarmi tra gli alberi come Tarzan.
E si ricomincia...

martedì 26 settembre 2017

[Pura Vida in Costa Rica] Puerto Viejo de Talamanca - 9°39'14.4"N 82°45'20.5"W - Altri Caraibi

Sembra che Cristoforo Colombo sia naufragato in questo lato dei Caraibi nella sua quarta e ultima missione alla scoperta, inconsapevole, di un nuovo mondo.
Ne fu talmente impressionato da chiamare questa terra Costa Rica, attento forse più agli apparenti ori indossati dai nativi che allo splendore lussureggiante della natura.
Poi la storia è andata in tutt'altra direzione, relegando questo territorio ad un ruolo di secondo piano.
Difficile da colonizzare e non adatto alle grandi piantagioni che gli europei volevano sfruttare.

Tutto questo mentre sono in barca lungo un canale che costeggia quasi metà di questo lato marino del Costa Rica.
Il rumore del motore della lancia non permette molte chiacchiere.
Qualche urlo di sorpresa legato all'avvistamento di qualche nuovo animale esotico e poco più.
Del resto, la natura chiede violentemente di essere contemplata e nessuno ha il coraggio, ne la voglia di contestarla.



Più a sud, cominciano quelli che dovrebbero essere i Caraibi.
Quella parte, più nera rispetto al resto del paese, che vive al ritmo del reggaeton e della cultura giamaicana.
E' alta stagione, visto il tempo, ma nelle spiagge non c'è quasi nessuno.
Avete presente quando ci si immagina passeggiare lungo la battigia sfiorata dalle palme, su una sabbia chiarissima e un mare azzurro? Non credo debba aggiungere altro.
Unitela alla possibilità di visitare un piccolo parco pieno di animale e poi, senza soluzione di continuità, andare a fare snorkeling in piccolo tratto di barriera corallina.
Tutto senza averlo pianificato, a malapena organizzato al momento, senza la minima necessità di pensarci più di tanto.
Ricorrerà spesso, durante il viaggio, la stretta interazione tra pensiero ed azione.
Ad un'idea segue la sua realizzazione.
Il ritmo, più lento, non genera pensiero fine a se stesso. Al massimo può portare alla semplice contemplazione.





All'arrivo della sera ci si ritrova a bere intorno ad un tavolo, sulla baia.
Qualche chiacchiera, qualche risata.
Ogni tanto si allunga lo sguardo verso il tramonto.



lunedì 25 settembre 2017

[Pura Vida in Costa Rica] Tortugero - 10°32'33.3"N 83°30'10.8"W - Primi giorni

C'è uno strano silenzio.
Nulla a che vedere con quello che segue l'inizio di un concerto di musica classica o quello dopo un urlo della maestra.
Per cercare di capire ho bisogno di chiudere gli occhi.
Sembra strano farlo. Normalmente li si aprono, in modo da sopperire alle mancanze di altri sensi. In questo caso l'udito.
Il punto è che non è un assenza di silenzio.
Si tratta di un ritmo diverso, difficile da descrivere.
Sto tentando di percepire.
E' strano. Non so quante persone aguzzano l'orecchio con l'intento di percepire qualcosa.
L'unico esempio che mi viene in mente è quando si ascolta il battito del cuore. Non del proprio ma quello di un feto in formazione.
Devi escludere tutto per focalizzare verso qualcosa.



Sono nella giungla.
In canoa.
Lungo un canale.
E da qualche parte, sicuramente, c'è qualcosa di straordinario che si nasconde ai miei occhi. Intanto l'acqua scorre sotto di me e i raggi giocano con la luce e le nuvole per farmi impazzire.

Adesso la luce non c'è.
O almeno quella del sole.
Sono da un'altra parte.
Il caso ha voluto che ci sia la luna e che dal mare arrivino le tartarughe.
Che tornano a casa per deporre le uova



.
Ne saranno centinaia. Deposte lentamente.
E di nuovo torna il silenzio.
Ti chiedi dove sia il senso di questa fatica. Di questo rischio. Di questa violenza naturale.
La natura gioca su equilibri. Quelli instabili e violenti di queste latitudini dove il cielo, la terra e il mare spesso sono in conflitto per stabilire il vincitore.
Solo per questo turno, però.

Al Tortugero tutto ogni cosa è condizionata dall'acqua. E' ovunque e non permette altra regina che non sia lei.
Arrivi e te ne vai in barca. Ti sposti ed esplori solo se lei ti autorizza.
Vivi tu e tutto il resto in funzione di lei.
Il viaggio in questo paese inizia da qui. Ad un estremo, vicino al Nicaragua. Così lontano e così vicino.
Questa terra è stata risparmiata dalla forza dell'uomo. Qui ha sempre perso ma ci sono momenti in cui si percepisce di essere in una bolla verde, quasi eterna nella storia, con un intorno un rosso tinto del sangue di tutto il centro America.
Tornerà spesso questa sensazione di privilegio.
Il Costa Rica è un'eccezione che cerca di confermare la regola.
Quella della bellezza che si trova tra le righe, tra le superfici corrugate della storia.
Dove l'eccezionale si nasconde nel banale.
Che sia una scimmia che salta tra gli alberi o una tartaruga si muove nella spiaggia.
Semplicemente, pura vida.


sabato 27 maggio 2017

Oggi non è piovuto a New York City - Giorno 5

Ogni volta che vado via da questa città, rimane forte la sensazione di aver mancato qualcosa.
Può riferirsi a tante cose: un quartiere lontano, un negozio meritevole e magari qualche personaggio.
Allora te vai sapendo che recupererai la prossima volta.
In quel mix di passato e presente che questa città ti sbatte in faccia.
Oggi sono stato sulla one world tower ed è inevitabile pensare che l'elaborazione del lutto passa anche per la trasformazione in un luogo turistico di quello che è stato un luogo del dolore.
Quelle due piscine comunque esprimono molto bene il vuoto che questa città ha subito. E si va avanti.
Adesso sono ad un bar dell'aeroporto ed esco da una conversazione piacevole e casuale con una ragazza seduta accanto a me.
E penso a come questa cosa sia successa in maniera naturale come uno dei millemila film visti.
Ecco, sta tutto qui lo spirito di un paese che non ha radici proprie: la capacità di creare nuovi connessioni tra persone diversissime davanti ad un po'di alcool e scambiando qualche piccolo sogno.

Ah, oggi ho preso un taxi facilmente. E New York vista da lì non ha rivali!

venerdì 26 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 4

Mezza giornata di riunioni e poi...liberi tutti.
Peccato, piove in maniera così disturbante da rendere difficile anche fare 100 metri con una valigia carica di pesi addizionali non indifferenti.
Sì perchè ne porto due di cristalli, mica uno. Anche quello della capa.
Valigia che raggiunge tranquillamente i 25/26 kg.
Ho un problema irrisolvibile.
Si chiama l'impossibilità di concepire uno spazio vuoto in una valigia.
È il regno del "non sia mai che", credo di stretta derivazione paesana.
Stavolta però qualcuno mi suggerisce di spedire con un corriere tutto questo cristallo.
Quindi magicamente sparisce il peso e la mai supita ansia da imbarco.
Messo da parte l'aereo, vuoi che non mi sia complicato la vita con un altro mezzo di trasporto?
No, con due.
In New Jersey esistono, in particolare, due compagnie di treni per Manhattan.
Beh, ovviamente ho sbagliato a prendere un treno avendo pagato esclusivamente per l'altro.
Da notificare la rigidità e la poca gentilezza del controllore nel farcelo notare. Americani sempre assai flessibili direi ma soprattutto affatto gentili.
Avendo perso altri 5 dollari, insieme alla svampita cinese mia compagna di ventura raggiungiamo l'albergo e suboto dopo pronti a girare.
Volete sapere una cosa?
La leggenda metropolitana che non si trovi un taxi libero a Manhattan è vera.
Svariati ettolitri di acqua addosso dopo riusciamo nell'impresa a farci un giro tra Central Park e Greenwich Village, godendo finalmente di questa città caotica e veramente poliedrica.
Un grande giocattolo perverso, pieno di suggestioni animate.
Domani si continua

giovedì 25 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 3

Oggi è stato uno di quei giorni in cui ricevi i riconoscimenti del proprio lavoro svolto.
C'è stata la sessione fotografica, la consegna del premio e la cena con sala dedicata nel ristorante lungo l'Hudson con vista su Midtown Manhattan che oramai conosco molto bene.
Ad essere onesti, uno come me ha sempre sofferto queste cose.
Sapete, essere al centro dell'attenzione non per cose divertenti o prese un giro ma in occasioni più serie o, meglio, in cui viene apprezzato il proprio valore.
E lo si capisce nella modalità che uso nell'affrontarle: minimizzandole e facendole passare come sciocchezze o cose per cui non perdere troppo tempo.
I motivi? Molteplici. Noti o inconsci.
Allora me lo dico e lo scrivo qui per ricordarlo.
A me stesso, usando chi legge come testimone e memoria per i momenti futuri.
Sono stato bravo e mi hanno premiato per questo. Perchè so lavorare in gruppo, costruendolo insieme. In poco tempo e in manuera efficace portando risultati. Rimanendo lì, non mollando facilmente.
Non è banale.
Non è scontato.
Non è da sottovalutare.
È una cosa reale.
Ed è mia.
Stasera a cena insieme a tutto il gruppo e ai grandi capi è stato bello sentirselo dire e non avere per fortuna la possibilità di limitarlo.
Mi tocca venire a New York per togliermi questo vizio e sapermi gustare quella pacca sulla spalla.

Sono contento.

mercoledì 24 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 2

Stasera a cena, ho faticato a mantenere l'attenzione sulla conversazione.
Erano solo le sei del pomeriggio ma sembrava come se fosse appena trascorsa una giornata di 20 ore.
Una giornata piena di saliscendi ansiolitici sul lavoro futuro da fare e su come organizzarlo.
Tutto questo per spiegare lo stato psicofisico in cui versavo mentre mi astraevo dell'ennesimo discorso organizzativo intrapreso di cui non avevo capito nulla.
Ora, avete presente quando ti poggi sullo schienale e cominci a guardarti intorno, immergendoti in una simil-bolla spazio temporale?
Badate che non è sempre possibile farlo.
Servono incapacità di focalizzarsi su un discorso facilitato dall'uso di una lingua non tua e argomenti di cui sai di non poter essere alcun modo partecipe.
Non necessariamente una cattiva compagnia ma sufficientemente distante.
Arrivare a questo stato ti permette molte cose oltre a desiderare un letto per farti una dormita.
A me capita di realizzare propriamente dove mi trovo e posizionarmi in esso.
Detto così sembra essere molto da sega mentale ma nella pratica non lo è.
Sono a cena in un ristorante americano. Grossi finestroni, macchine che sfrecciano sul fondo, cameriera dedicata al tavolo, distanza opportuna tra i commensali, poche urla e un rumore di fondo non disturbante. Ogni sera qualcuno festeggia il proprio compleanno con un piccolo dolce e annessa candelina. Puó capitare che i camerieri cantino gli auguri in cori. Molta gente sola cena vicino a te.
Molto probabilmente il cibo che stai mangiando non è specifico o tipici di quella zona. Tutto è cordiale. Ognuno ha il suo posto nel contesto.
Come oggi nelle riunioni. Quello che in qualche modo sfugge nel grande disegno, credo, è la variabile impazzita che fa a capo al concetto di onda travolgente del caos.
E la cosa a me era divenuta evidente confrontando la mia reazione alla lettura delle email provenienti dall'Italia e alla modalità di approccio alle problematiche globali di cui si discuteva.
Senza la necessità di esprimere un giudizio in merito, mi rimane una strana sensazione addosso, riconducibile ad una sola considerazione: dove si nascondono le variabili impazzite? dov'è il caos? Quale è il suo reale potere sul nostro comportamento? Come mi relaziono io che provengo da una cultura spesso molto differente?
Avere questo tipo di momenti in un viaggio, una sorta di lucidità contemplativa,  credo sia un qualcosa che vada valorizzato per permettere di collocarsi nel mondo opportunamente e coscientemente.
Non ho mai creduto che puntare il dito ed ergersi a giudice aiuti qualcuno, soprattutto se in ultima analisi si può essere nella direzione indicata dal dito stesso.

martedì 23 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 1

Eccomi di nuovo qui, dopo l'ennesima errore nella scelta dell'aeroporto e del mezzo di trasferimento all'hotel.

Piove.
Non credo di aver mai attraversato questa parte senza la compagnia della pioggia.
Qui vicino c'è l'oceano, lo vedrò di lì a poco.
Suscita uno strano fascino in me quest'atmosfera.
I vetri sporchi, l'erba dei giardini, il nero dell'asfalto e i grigi dei pali e dei piloni, quei mattoncini rossi.
Non importa troppo se si è nel Queens o a Brooklyn o a Staten Island.
Si ripete sempre la stessa scena: queste immagini si susseguono mentre sei in ascolto della storia complessissima di un tassista russo.
Che ha vissuto praticamente ovunque e che ora fa il pompiere e anche il tassista. Chiaro no?
Senza dover tirare in ballo concetti complessissimi, la vera forza e bellezza di questa zona dell'America sta nella possibilità di poter incontrare un sacco di gente differente, con mille storie da raccontare.
E basta a volte sedere al bancone di un bar e chiedere da bere.
Il resto viene dopo.
Tenete le orecchie in allerta.