domenica 31 gennaio 2016

Let it snow - Day 7 - Suburbia lifestyle

A piedi nudi nel giardino di un subborgo della cittá.
Calma piatta. Splende il sole e si sta bene.
Un piccolo cane insegue una bambina.
Poi ci sono io e molte case a colori pastello sotto un cielo terso, azzurro e immenso. Come fosse un quadro di Hopper, mancante di disperazione ma comunque a suo modo inquietante.
Oggi è il giorno off come direbbero qui.
Si fanno poche cose e si pretende ancor meno di organizzare il tempo.
Lo si perde anzi.
In una piccola gara in piscina o a fare un giro per negozi. Si fanno comunque km. Del resto se qui la stanchezza si misurasse per miglia percorse in macchina saresti già dallo sfasciacarrozze, in attesa di compattatrice.
Quindi nulla di dire?
Sì, nulla.
Del resto per poter correre bene, bisogna prendere fiato.
Anche sulla veranda, immaginando sedia a dondolo in una casa coloniale.

sabato 30 gennaio 2016

Let it snow - Day 6 - Interstate 85

È banale dirlo ma stando fissi in un posto nel globo non si ha il senso delle vertigini.
Questo nuovo ruolo che ricopro a lavoro mi sta spingendo a riconsiderare la percezione del tempo.
Sveglia di mattina presto per andare al lavoro. Inizi con una riunione con persone dall'altra parte stanno per andare al letto o digerendo il pranzo.
Cerchi di mantenere un ritmo regolare coi pasti ma scordi che certe telefonate vanno fatte fino ad una certa ora perchè il fuso è dannatamente bastardo.
Allora cosa si fa per sgravarsi da tutto ciò? Imbocchi la prima statale che trovi e vai verso nord verso una casa famigliare al sole della bible-belt (cinta della bibbia, gli stati di questa zona).
Dovendo considerare tutto, riconsideri te stesso. A momenti alterni e a paesaggi estesi a dismisura. A case basse e una spiccata inclinazione country.
Tu e il tuo fottuto van.
Lungo la Interstate 85.

venerdì 29 gennaio 2016

Let it snow - Day 5 - ... è nelle piccole cose

La particolarità di viaggi come questi è che mi permettono di poter cambiare ambiente e situazione nel giro di un paio d'ore, facendomi immergere in altre situazioni, totalmente diverse da quelle precedenti.
Oggi è stata una giornata di transito.
Sono stato poco nello stabilimento, in Carolina del Sud.
Giusto il tempo di prendere un aereo e mangiare qualcosa, farsi qualche miglia in qualche highway benedetta da Dio (ci sono molti messaggi che te lo ricordano).
Poi, immersi nelle foresta, fare un giro all'interno di uno stabilimento cupo attraverso cui non filtra un raggio solare e il colore della cenere fa da padrone.


Essendo viaggi molto concentrati per tempi ma anche per immersioni, cosa è accaduto oggi di rilevante?
Al solito, dipende da cosa ha valore per ognuno di noi.
Parlando per me, posso dire che oggi, forse più dei giorni scorsi, il concetto di immersione e concentrazione si è esplicitato maggiormente.
Mi spiego.
Praticamente tutto il giorno sono stato insieme ad un collega del sud. Alzataccia e spostamento verso l'aeroporto, successivo viaggio in macchina, giro dello stabilimento e cena con lui e sua moglie, conosciuta per la prima volta.
Venendo dal New Jersey, in piena modalità yankee, sono stato catapultato nel profondo sud rurale, religioso, conservatore e più umano.
Chi mi conosce sa come queste cose tutte insieme creano un corto cirtuito nella mia testa.
Comunque, il ritmo si fa lento, come l'accento di qui del resto.
Candidamente siamo finiti a parlare di politica e religione, di famiglia e di valori, di viaggi ed esperienze.
Il confronto con la sera precedente è inevitabile.
Se ieri mi trovavo calato in un atmosfera nota, familiare in un contesto frenetico e cosmolita, oggi l'ambiente diventa più vero abitato e interpretato attraverso persone conosciute solo superficialmente, in contesti lavorativi o poco più.
Differenze culturale evidenti e allo stesso tempo comuni.
Ad iniziare con un cena fissata alle ore 17.30 (no comment), con una coppia sulla soglia di 40anni di matrimonio che ancora si scambia effusioni per nulla stucchevoli.
A migliaia di km dalla mia vita quotidiana, è inevitabile confrontarsi col percorso che si sta facendo.
Su cosa si sia guadagnato e su cosa si sia perso, cosa manca o cosa si sta dando.
Sul valore e il peso che queste considerazioni devono o vogliono avere sul tuo stato mentale, emozionale e fisico.
Non essendo per me mai stato semplice coniugare le tre cose e farle viaggiare insieme (sacrificandone una in favore di un'altra), stare così lontano permette di arrivare a quei momenti di quiete ed equilibrio tali per cui si riesce a vivere momenti di piccola felicità che affiorano nei momenti e nei contesti che non mi sarei mai immaginato.


Dal resto, la neve che copriva le lande dello stato giardino è svanita, permettendo, qui, di intravedere quei fili d'erba che tra poco cresceranno.
In riva ad un lago, davanti ad una centrale nucleare che, silente, esiste da molto prima di me.

giovedì 28 gennaio 2016

Let it snow - Day 4 - Metti una sera a Manhattan

Come concludere un'intensa giornata lavorativa, piena di confronti e all'insegna degli impegni da prendere per i prossimi mesi? Semplice. Organizzando un bel incontro della tua famiglia allargata sparsa in giro per il mondo. Tra i miei cugini risulta sempre facile devo dire.

Una costante che accompagna i miei viaggi, lavorativi e non, è la possibilità di vedere persone che sono state parte della tua vita, momentanee o durature non importa. Una cosa che ho capito mi fa veramente piacere è potermi confrontare sull'esperienze fatte, in corso o che si stanno intraprendendo.
Servono a mettere dei punti. O magari virgole.
Vanno colte così come succedono. Dandole la giusta importanza.
Quale è? Lo capisci semplicemente facendole accadere e viverle senza nessun obbligo se non quello di esserci, presenti a se stessi.
Non conta troppo la differenza di età o il retroterra culturale.
Sei tu e loro. Quel momento in quello spazio.
E il senso se lo portano con sè.
Sta a te individuarlo.
Se necessario o accessorio.
Basta viverlo.

mercoledì 27 gennaio 2016

Let it snow - Day 3 - I'm in New York state of mind

Questa città è un viaggio nella mente.
Poche al mondo riescono in pochi minuti a tuffarti n uno stato mentale dove si confonde il reale dall'immaginario.
E' geometrica come poche altre. Le strade a scacchiera, i grattacieli di ogni (tri)dimensione.
Aggiungete a questo quadro i 5 sensi messi a dura prova e capite come il cervello vada in crash.
Come in un gioco di simulazione, calateci le persone a migliaia, anch'esse stupite come te da tutto questa concentrazione di sensazioni e vi troverete a condividere un'esperienza unica, fosse anche una foto dove ci sei tu che appare davanti a tutta Times Square.
Dove gli incontri più casuali sono resi possibili perché le persone si lasciando andare allo stesso modo.
Allora ti fai una foto con un passante con cui scambi il favore, contento come te di aver trascorso quei pochi secondi di chiacchiere e di sorrisi.
Oppure al ristorante di Forest Gump becchi una camerieta con cui sei compaesano a più livelli.
Lei di origine italiana proveniente da Pittsburgh, Bloomfield nello specifico, come i tuoi parenti espatriati. Come se non fosse stato  qualche mese fa  proprio lì ad assistere alla parata di Halloween magari insieme senza saperlo. 
Ecco New York è questo. Sono state circa 2 ore stasera.
Intense.
Domani si ripeterà, forse con una rimpatriata tutta italiana transoceanica tra chi si conosce poco o nulla.
E' sarà comunque una bella esperienza.

martedì 26 gennaio 2016

Let it snow - Day 2 - E' un duro lavoro ma a qualcuno tocca farlo

Alla base di molti diari di viaggio scritti qui c'è il motivo di essi.
Tolti quelli che definirei di pure ferie, rimangono quelli legati al lavoro.
Allora com'è lavorare in giro per il mondo?
Premesso che non posso dire di lavorare qui ma piuttosto interfacciarmi con gente che lavora qui.
Gente proveniente da diverse parte nel mondo, ognuno con storie mai raccontate e per questo piccole sfide, mie derivanti dalla mia innata curiosità, che mi si propongono davanti.
Ora, ognuno ha le sue usanze, i suoi approcci che sarebbe pure noioso star ad elencare, ricadendo in preconcetti e luoghi comuni più o meno veritieri.
Cercando di rifuggire da essi (ringraziando chi ha viaggiato spesso con me avendomi insegnato il valore del mettersi ad ascoltare anche il soffio del vento se necessario), parto in modalità osservatore.
Mano a mano che progredisco in questa carriera globale (c'ho messo anni per arrivare ad una dimensione che sento mia) affino le capacità e noto le aree di miglioramento.
Da italiano medio (e in questo, ahimè, devo definirmi) sono partito in passato col complesso di inferiorità. Devo dire ben radicato e di difficile rimozione.
Nelle riunioni, tacevo per quieto vivere, creando miti irraggiungibili nei colleghi con cui mi interfacciavo. Alla fine anche ne pagavo le conseguenze. In pratica il prioprio valore e contribuito era minimo e quindi diventavi uno del pubblico.
Essendo di coccio, ci sono volute un po' di tranvate da prendere per fare qualche passo in avanti.
Anche perchè ci si scontra con un arrivismo diverso dal modello conosciuto, cioè quello italiano.
Se da noi il furbo va avanti in una società non strettamente competitiva come la nostra ma piuttosto assistenziale, qui la concorrenza c'è soprattutto in tempo di crisi quando non si è sicuri del proprio posto di lavoro (non sto a dire come in America le persone cambino lavoro molto facilmente e i contratti fatti e rescissi in poco tempo).
Caldamente invitato quindi a vendermi e andando a raccogliere energie che non pensavo di avere, sto tentando l'approccio decisamente più proattivo, non facendomi "rubare" le competenze.
E' bene dire che qui vere amicizie tra i colleghi sono molto rare perchè non si sa mai se un giorno ti troverai a competere per un posto o lincenziare qualche collega.
L'ambientazione di questa gara verso un vincitore è quella di riunioni ben organizzate, pacifiche, dove quasi far rumore viene visto come qualcosa di sconveniente.
Qui devi lavorare e non ci sono altre cose da pensare.
Mangi in scrivania e non fai pause caffè.
Saluti tutti, scambi due chiacchiere, un paio di battute innocue e ci si rivede in giro.
Se tutto ciò può sembrare strano, magari anche triste, va detto che va inquadrato in una società diversa dalla nostra.
Quella che definirei basata sul capitalismo più sfrenato. Con cui si deve fare i conti, sempre.
Scegliere di farne parte o meno. "Performare" o vivere.
Personalmente, ho sempre avuto un atteggiamento critico a riguardo. Non di completa esclusione poiché da sempre non ho mai pensato di vivere fuori da questo sistema.
Ne faccio parte anche con le mie personali eccezioni che mi tengo strette.
Onestamente, adoro questi viaggi proprio perché, oltre ad aprirmi riflessioni come questa, mi permettono di venire a capo con parte dei miei principi e a ridiscuterli se necessario.


In finale posso dire che per me ogni viaggio è una piccola esplorazione che faccio nel mondo e in contemporanea dentro di me.
Quindi ho sempre cercato di evitare di definirli vacanze o obblighi.
Piuttosto opportunità o, per essere più poetico, esplorazioni.
Perchè sono sempre presente a me stesso, solo in un assetto diverso.

lunedì 25 gennaio 2016

Let it snow - Day 1 - Quando scende il bianco, solo le strade ti segnano la via

Sono di casa qui oramai.
Ora, non per essere arrogante, ma posso dire che ormai questa zona mi è parecchio nota.
Sarà la terza o quarta volta in pochi anni ed è stato quasi sempre il primo impatto che ho avuto con gli USA finora.
Beh, vedere da lontano New York riempie sempre il cuore di emozioni.
Da una prospettiva distorta.
Vedete, da lontano e dal basso dello stato giardino, dall'altra parte dell'Hudson comincia l'America.
Quella vera.
Ed è piatta, piena di strade che si incrociano, con molteplici corsie.
Coperta dalla neve, rende ancora di più quel senso di grande, immenso, sconfinato territorio.
Insomma, inizia un concetto, uno stato della mente che anche se non ci sei mai stato, lo hai metabolizzato da piccolo, tassello dopo tassello.
Qualcosa che sai di sapere ma che non conosci con l'esperienza diretta.


Stavolta la neve dopo la bufera rende tutto più dilatato, se possibile.
Ti capita quindi di fare la superstrada senza molto traffico, con banchi di neve ai lati che sembrano voler riconquistare la carreggiata persa per colpa di qualcuno armato di sale e spazzaneve.
Il caso vuole che il tuo autista ti dica che sta scrivendo un nuovo libro di fotografie.
Tema: la statale chiamata Pennsylvania Turnpike e la sua storia, facente parte di un progetto più grande sulle strade d'America.
Ascolti i suoi racconti mentre guardi ponti, rampe e viadotti che scorrono intorno a te.
Subito ti viene da pensare al diverso concetto di storia che ogni popolo vive e conserva.
Se in Italia ogni angolo, anche di un paesino sperduto nell'appennino, ha una storia (e fidatevi, per esperienza dirette pochi metri posso cambiare i toponimi geografici fissati da generazioni di contadini), a cui è quasi difficile sfuggire, qui invece interi quadranti aspettano di essere raccontati.
Ma per arrivarci devi percorrere strade, macinando km, perchè la città più vicina dista sempre quelle 2/3 ore di guida, persi nella ripetizione ossessiva di un pittore paesaggista alle prime armi.
Ecco, per raccontare certe cose ti serve aver in mente la cartina geografica e capisci che per iniziare un'avventura devi prima sapere su che strada sei.
Perchè può fare la differenza, andando a dilatare il proprio stato mentale.