martedì 9 agosto 2016

In mezzo all'oceano, su qualche isola - parte 3 - Sao Jorge

Ogni mattina la stessa cosa.
Sveglia, colazione, doccia.
Insomma prepararsi per la giornata.
Sali in macchina e sai che per raggiungere il posto di lavoro devi scalare un dirupo di 700 metri lungo una strada in salita, ripidissima.
Arrivato in cima ti fermi per un attimo su qualche miraduro e guardi la tua casa fagocitata nel mezzo tra la caldera, la scogliera e l'oceano all'orizzonte.
Un puntino bianco in mezzo al nero della lava, il blu dell'oceano e il verde lussureggiante della vegetazione.
Bevenuti a Sao Jorge, un parallelepipedo verde in mezzo all'Atlantico, con pascoli nei suoi altipiani e con le sue coste frastagliate, dove piscine naturali permettono letteralmente di tuffarsi nell'oceano che sembra aver appena spento la lava caduta dalla parete vulcanica.
Io non so esattamente cosa scatta in me.
Dal basso verso l'alto il mio sguardo coglie il senso della profondità.
Tento di stamparmelo nel cervello. Per non dimenticarlo.
Le foto non rendono, per forza di cose, la terza dimensione e qui tutto si stratifica su piani diversi.
Il volo degli uccelli oceanici richiede un ulteriore sforzo così come le spume improvvisi delle onde, cariche di speranze per un possibile avvistamento di capodogli o delfini.
Ecco cosa accade.
Sono portato a guardare lontano, oltre.
In profondità.
Tutto ciò richiede tanta energia ma lo sforzo, anzi l'attrito è inaspettatamente minimo.
Quindi, punto l'orizzonte aiutandomi con una mano.
E guardo.
Chissà, se quella cosa laggiù...

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