martedì 26 gennaio 2016

Let it snow - Day 2 - E' un duro lavoro ma a qualcuno tocca farlo

Alla base di molti diari di viaggio scritti qui c'è il motivo di essi.
Tolti quelli che definirei di pure ferie, rimangono quelli legati al lavoro.
Allora com'è lavorare in giro per il mondo?
Premesso che non posso dire di lavorare qui ma piuttosto interfacciarmi con gente che lavora qui.
Gente proveniente da diverse parte nel mondo, ognuno con storie mai raccontate e per questo piccole sfide, mie derivanti dalla mia innata curiosità, che mi si propongono davanti.
Ora, ognuno ha le sue usanze, i suoi approcci che sarebbe pure noioso star ad elencare, ricadendo in preconcetti e luoghi comuni più o meno veritieri.
Cercando di rifuggire da essi (ringraziando chi ha viaggiato spesso con me avendomi insegnato il valore del mettersi ad ascoltare anche il soffio del vento se necessario), parto in modalità osservatore.
Mano a mano che progredisco in questa carriera globale (c'ho messo anni per arrivare ad una dimensione che sento mia) affino le capacità e noto le aree di miglioramento.
Da italiano medio (e in questo, ahimè, devo definirmi) sono partito in passato col complesso di inferiorità. Devo dire ben radicato e di difficile rimozione.
Nelle riunioni, tacevo per quieto vivere, creando miti irraggiungibili nei colleghi con cui mi interfacciavo. Alla fine anche ne pagavo le conseguenze. In pratica il prioprio valore e contribuito era minimo e quindi diventavi uno del pubblico.
Essendo di coccio, ci sono volute un po' di tranvate da prendere per fare qualche passo in avanti.
Anche perchè ci si scontra con un arrivismo diverso dal modello conosciuto, cioè quello italiano.
Se da noi il furbo va avanti in una società non strettamente competitiva come la nostra ma piuttosto assistenziale, qui la concorrenza c'è soprattutto in tempo di crisi quando non si è sicuri del proprio posto di lavoro (non sto a dire come in America le persone cambino lavoro molto facilmente e i contratti fatti e rescissi in poco tempo).
Caldamente invitato quindi a vendermi e andando a raccogliere energie che non pensavo di avere, sto tentando l'approccio decisamente più proattivo, non facendomi "rubare" le competenze.
E' bene dire che qui vere amicizie tra i colleghi sono molto rare perchè non si sa mai se un giorno ti troverai a competere per un posto o lincenziare qualche collega.
L'ambientazione di questa gara verso un vincitore è quella di riunioni ben organizzate, pacifiche, dove quasi far rumore viene visto come qualcosa di sconveniente.
Qui devi lavorare e non ci sono altre cose da pensare.
Mangi in scrivania e non fai pause caffè.
Saluti tutti, scambi due chiacchiere, un paio di battute innocue e ci si rivede in giro.
Se tutto ciò può sembrare strano, magari anche triste, va detto che va inquadrato in una società diversa dalla nostra.
Quella che definirei basata sul capitalismo più sfrenato. Con cui si deve fare i conti, sempre.
Scegliere di farne parte o meno. "Performare" o vivere.
Personalmente, ho sempre avuto un atteggiamento critico a riguardo. Non di completa esclusione poiché da sempre non ho mai pensato di vivere fuori da questo sistema.
Ne faccio parte anche con le mie personali eccezioni che mi tengo strette.
Onestamente, adoro questi viaggi proprio perché, oltre ad aprirmi riflessioni come questa, mi permettono di venire a capo con parte dei miei principi e a ridiscuterli se necessario.


In finale posso dire che per me ogni viaggio è una piccola esplorazione che faccio nel mondo e in contemporanea dentro di me.
Quindi ho sempre cercato di evitare di definirli vacanze o obblighi.
Piuttosto opportunità o, per essere più poetico, esplorazioni.
Perchè sono sempre presente a me stesso, solo in un assetto diverso.

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