giovedì 25 maggio 2017

Non può piovere per sempre a New York City - Giorno 3

Oggi è stato uno di quei giorni in cui ricevi i riconoscimenti del proprio lavoro svolto.
C'è stata la sessione fotografica, la consegna del premio e la cena con sala dedicata nel ristorante lungo l'Hudson con vista su Midtown Manhattan che oramai conosco molto bene.
Ad essere onesti, uno come me ha sempre sofferto queste cose.
Sapete, essere al centro dell'attenzione non per cose divertenti o prese un giro ma in occasioni più serie o, meglio, in cui viene apprezzato il proprio valore.
E lo si capisce nella modalità che uso nell'affrontarle: minimizzandole e facendole passare come sciocchezze o cose per cui non perdere troppo tempo.
I motivi? Molteplici. Noti o inconsci.
Allora me lo dico e lo scrivo qui per ricordarlo.
A me stesso, usando chi legge come testimone e memoria per i momenti futuri.
Sono stato bravo e mi hanno premiato per questo. Perchè so lavorare in gruppo, costruendolo insieme. In poco tempo e in manuera efficace portando risultati. Rimanendo lì, non mollando facilmente.
Non è banale.
Non è scontato.
Non è da sottovalutare.
È una cosa reale.
Ed è mia.
Stasera a cena insieme a tutto il gruppo e ai grandi capi è stato bello sentirselo dire e non avere per fortuna la possibilità di limitarlo.
Mi tocca venire a New York per togliermi questo vizio e sapermi gustare quella pacca sulla spalla.

Sono contento.

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