sabato 28 aprile 2018

Il Cairo: pioggia nel deserto - Giorno 3

Il binomio paese storicamente antico e relativamente povero genera in me una sorta di disagio dissociativo.
Nel processo di piena onesta verso se stessi, posso dire che passare con una macchina nelle strette vie del quartiere discarica/riciclo del Cairo ti fa dire 'a me non è toccata questa sorte'. Una vita dedicata al recupero e al riciclaggio, in mondo chiuso, maleodorante e claustrofobico.
Ma il mio metro di giudizio a parlare. Riferendo a me qualcosa che non è strettamente mio ma in qualche modo conseguente.
L'igiene è una grande conquista per l'umanità ma in qualche maniera ci classifica e alimenta un sistema impari di benefici.
Ma basta andarsene per non vedere certe cose.
Dove ti rifugi?
Nelle suggestioni che questi posti sanno richiamare. La sua storia antica.
Prendete Mosè o Gesù.  Sono stati qui, fuggiti da casa perché perseguitati.
Al di là della fede, che c'è, nel quartiere copto si percepisce un inizio e una continuità. Tanti santi, profeti, di cui uno che porta il mio nome.
È pazzesco come quei luoghi chiamati crocevia tra storie diverse riescano a mischiarsi, a sovrapporsi come la chiesa di San Giorgio, letteralmente sospesa su una torre di una vecchia fortezza.
Avete mai provato quel senso di 'radici' ancestrali?
Ad un certo punto mi sono girato verso un prato pensando di scorgere per un attimo Mosè in arrivo dal Nilo.
Sapevo che non avevo senso ma non ho resistito.
Qui non si resiste mai.

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