mercoledì 27 ottobre 2010

Correndo nel Serengeti

In questi giorni spesso il pensiero torni laggiù.
Il vento polveroso generato dalla vecchia geep, al tramonto.
Unico rimasto ancora in piedi a scorgere l'orizzonte.
Con la musica di Hotel Ruanda nelle orecchie, cercando, respirando un'atmosfera primordiale.
Tolte le altre jeep, gli altri turisti, cercando un isolamento che prima di tutto è dell'anima.
Le immagini scorrono nella testa, ricordi misti a sensazioni.
Le gite fuori dalle rotte classiche, in mezzo al nulla ma essenzialmente immerse nel tutto.
Persone che emergono da case fatiscenti, natura selvaggia.
Sì, potrebbe sembrare una classica immagine idealizzata.
Ma non lo è.
Su un autobus di linea per sette ore, due bianchi riveriti in mezzo all'umanità.
Sentirsi diversi, quasi alieni in un mondo che non mi appartiene.
Lo senti, lo ascolti e ti affascina.
La battuta di caccia, un piccolo animale sacrificato per il pasto giornaliero.
Quel sole che tramonta velocemente.
E alla notte quei suoni, quei gridi vicinissimi che ti costringono a chiuderti in gabbia, come animali in cattività, per la paura.
Perchè il mondo all'esterno è implacabile.
Mi manca.
Vorrei tornarci presto.
Stavolta per stare di più in mezzo alla gente.
Perchè vuoi sentirti utile a qualcosa di tremendamente crudo, spietato.
C'è chi ha detto che non sono adatto per certe cose.
Penso che per me può valere per questo genere di cose, non per quelle che mi vogliono far credere gli altri.
Laggiù c'è una lotta differente.
Lo spirito per affrontarle nasce da dentro.
Si può fare per egoismo, per pacificare la coscienza, per un fine superiore.
Io lo farei per conoscere l'altro da me.
E far conoscere me.
E'necessario andare così lontano?
No.
E' utile?
Forse.
E' solo una voglia istintiva.
Che vale laggiù, che vale anche qui.
Sempre alla ricerca.
Ogni giorno emozioni.

Ora vorrei correre, correre nel Serengeti.

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