giovedì 28 giugno 2018

Ellade, quella aspra - Giorno 2 Capo Sounio e Termopili

Penso che per molti, viaggiare soli sembra molto strano.
Soprattutto se si è italiani, abituati alla compagnia.
Pensate allora di viaggiare come fa Simone.
Lo dico subito. Sono un cojone.
Stavolta però ho fatto bene l'itinerario, tranne una tappa. Decisa all'ultimo.
Indovinate quale è e com'andata?
In teoria Atene-Pelion prevedeva 5 ore.
Peccato aver inserito Capo Sounio che è esattamente dalla parte opposta.
Prendo la macchina in anticipo, sognando un bagnetto in mare verso sera. Pare che guido un voyager ed è solo un'Astra.
Capo Sounio. Ore 13:15. Tempio e cittadella da scalare. Come da prassi, caldo e sudata ma non troppo che la Gianna di mare allevia l'impresa. Tutto splendido. Egeo e isole da sogno.
Si riparte dopo un'insalata.
Tempo stimato di arrivo 19.
Lungo la strada capisco quanto l'attica del sud sia praticamente una propaggine di Atene.
Ad un tratto il paesaggio brullo fa posto al verde e comincia lo spettacolo.
Arrivato allo stretto delle Termopili si apre un set da sogno. Alte montagne ai lati e una valle che si schiaccia in prossimità del mare.
Leonida e i 300 spartani hanno scelto un bel posto per morire.
Sale il fomento.
Il colle dove si erano nascosti è piccolo ma molto d'effetto.
Non sono mai stato uno spartano ma qui forse tutto ha un senso.
Riparto contento delle suggestioni avute.
Tempo di arrivo: ore 21.
Richiamo il tipo che mi aspetta per darmi le chiavi e mi dice che è un problema.
Devo sbrigarmi.
Comincia a piovere e lascio l'autostrada 1 per andare a volos, dai fottuti argonauti. Le uscite ovviamente non sono tutte aperte e perdo altri 10 minuti.
Dopo un po' finisce la superstrada e giro verso le montagne.
Ora, il monte Pelos è alto 1600 metri circa.
Dalle strade scendono fiumi di acqua, quasi peggio che in Liguria o dalla collina dell'acquedotto di Santa Lucia quando piove assai.
Ovviamente si fa la fila per i lentoni del paese.
Poi ci si mettono i cani.
E salgo.
Poi i dirupi.
E salgo.
Poi i tornanti.
E salgo.
Poi i cavalli liberi.
E salgo.
Finisco dentro in una nuvola, come una nebbia, e ad un certo punto davanti mi sembra di vedere che la strada finisce in un lago.
Scopro che non è fortunatamente così.
Un grosso parcheggio.
Vuoto e allagato dalla pioggia.
Ne segue un altro. Uguale.
Con una faccia poco intelligente ma molto interrogativa mi chiedo perchè.
La risposta non tarda ad arrivare.
Sono stazioni sciistiche.
Non dovevo andare al mare.
47 km con un disvlivello di 2000 metri assoluti.
In un'ora.
Giunto sulla cima mi sembra di essere da Zeus che evidentemente non mi ama.
Forse perchè prima ho ammirato il tempio del suo concorrente Poseidone.
Incomincio a scendere e perdo il senso della vita.
Mi abbandona parte del supporto tecnologico nel mentre.
Arrivo sul mare quasi come una catapulta.
Il luogo dell'appuntamento è chiuso da lavori.
Dopo 3 telefonate in un inglese incomprensibile e qualche vano segnale con le mani,trovo il tizio.
Mi odia ovviamente ma io di più.
Di me e delle mie idee sciagurate.
Strade con pendenza 12%.
Ceno e sta cazzo di pioggia non smette.
Scarico la macchina e arrivo zuppo in camera.
Accendo il phon e per poco non esplode.
Ora sono sul letto e rifletto:
Gli argonauti non avevano riportato anche quella porta sfiga di Medea?
Più profonda: ma io, esattamente, perchè faccio queste cose?

Domani la rifaccio di nuovo e spero di incontrare Zeus per dirgliene quattro.

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