domenica 23 ottobre 2011

[RECE Musica] Dream Theater - A Dramatic Turn Of Events

13° album della band.
Il primo senza il batterista Mike Portnoy.
La recensione non può prescindere da questo.
Lui era il trascinatore e il despota del gruppo, quello che decideva le linee guida del gruppo, le iniziative, le "influenze" da inserire in ogni lavoro.
La sua batteria era una presenza ingombrante e ad un certo punto gli altri hanno detto basta e gli hanno detto andarsene, prendendo Mike Mangini.
Non c'è stata la svolta assoluta ma...
Qui veniamo alla recensione dopo la necessaria premessa su Portnoy.
Questo album non è nulla di nuovo.
Considerando le capacità tecniche e il genere di cui stiamo parlando, proporre qualcosa di nuovo non è così facile considerando quanto tanto ci si aspetti da questo gruppo.
Soltanto che, per me, si respira una certa coesione di insieme e, tolti alcuni difetti, si riescono a sentire tutti gli strumenti suonare sullo stesso piano.
Per esempio il basso torna a farsi sentire e a non essere un semplice tappeto per la batteria. Il silente Myung torna anche a scrivere e lo fa con la più bella (Breaking All Illusions)canzone degli ultimi album, come a dire che nell'equilibrio delle parti questo gruppo riesce a spaccare di brutto.
Le parti di chitarra sono ottime.
L'unico strumento che mi sento di criticare è la tastiera che spesso esagera nei virtuosismi. Da alcune interviste lette si evince come a Rudess stesse stretto il ruolo subalterno che aveva nei confronti di Portnoy.
La batteria non è predominante e questo è un bene anche se non emerge la personalità creativa di Mangini.
Per quanto riguarda la voce La Brie non spicca particolarmente anche per come vengono registrate le sue parti. Forse non è al top delle sue capacità, come già accaduto in passato.
Brani da segnalare? Prediligo il progressive di "Breaking All Illusions", equilibrato e lezioso al punto giusto, cosa che non capita in altri brani, troppo giocati su vecchi schemi freddi e ripetivi, che suscitano fastidio più che apprezzamento (parti di "Bridges In The Sky" o "Outcry").
Ci sono tre brani lenti, piacevoli, quasi a dire che non servono 3-4 minuti di cazzeggio tecnicistico per rendere interessante un brano ma le emozioni (vedi "This Is The Life").
Ecco, tornano le emozioni.
Niente di assurdo ma la strada sembra quella giusta.
Sarebbe utile come test rivederli dal vivo per cogliere la veridicità di queste emozioni. Magari il prossimo anno.

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